“Viviamo in questi anni una doppia crisi, che avvolge la democrazia e investe la politica nelle sue forme tradizionali. La democrazia è malata, tende verso quei luoghi in cui si spostano potere e sovranità, verso gli organismi sovranazionali, mai eletti, che disegnano il quadro globale della nostra vita e il destino della natura, sotto il segno della mercificazione. Mentre in Irpinia si consuma il tessuto sociale – produttivo, si lascia la classe lavoratrice all’isolamento”. E’ quanto afferma Luca Servodio, membro della direzionale nazionale del Partito dei Comunisti Italiani.
“La politica – prosegue – continua a cambiare faccia quotidianamente con il Pd che tende la mano all’Udc per riconquistare il potere, sostituendo l’asse De Mita – Consentino. I partiti di sinistra si dichiarano contrari, ma nelle tornate elettorali comunali si è assisto a liste ibride, dove si trovava di tutto. La sinistra lancia progetti alternativi, dove si ripropone di nuovo il centrosinistra alternativo, il quale ha disatteso le prospettive e gli obiettivi. Un progetto fatto saltare subito dopo le elezioni provinciali, il quale per qualche forza o singola persona ha rappresentato solo l’elezione di membri al consiglio provinciale. In questi anni ci siamo sforzati di capire le trasformazioni in atto, che attraversavano i nostri territori, le nostre coscienze e il nostro modo di vivere. L’elemento mancate o la giusta riflessione, che dovevamo mettere al centro dell’azione pubblica, era la riprogettazione di percorsi innovativi di sviluppo, dove l’elemento pulsante doveva essere la valorizzazione del sistema irpino. La sinistra a questa riflessione, che come comunisti indichiamo da qualche tempo, ha posto altri valori.
I comunisti italiani vogliono riprendere questa riflessione di come costruire una nuova visione di sviluppo, ponendo modelli opposti alla speculazione territoriale e individuare uno sviluppo integrato, il quale parte da scelte che ci consentono, di costruire insediamenti produttivi – artigianali legati all’humus e ai valori della nostra terra. Il ritardo della nostra terra, per noi non deve essere condotto solo alla crisi economica mondiale, ma anche al degrado sociale e amministrativo prodotto quando gli investimenti per il Mezzogiorno, invece, di creare le condizioni di un’economia libera e vitale, hanno fatto accrescere assistenzialismo e clientelismo. Altro fattore è stato il silenzio del mondo proletario, che oggi vive la crisi. In tempi passati, il nucleo vitale di una società (il mondo del lavoro) vivendo una vita decorosa non solidarizzava con chi iniziava a subire i primi colpi della crisi. Ognuno ha pensato per se. La vita moderna dimostra in maniera crescente l’isolamento sociale e il degrado fisico delle nostre comunità. La crescita dell’individualismo ha sfibrato i legami collettivi e ha ridotto gli scambi. Tale arme è stata la vittoria della elite parassitaria, del capitale e dei piccoli potentati locali. Il relegare agli altri il proprio presente è stato il fallimento e la sconfitta del movimento operaio e anche la decadenza della democrazia reale. Oggi l’Irpinia vive l’accentuazione della crisi strutturale, che essa registra dagli anni ‘90, cioè il vivere senza una programmazione di priorità. L’attacco allo stato sociale (chiusura di ospedali, isolamento di collegamenti ferroviari), la chiusura di stabilimenti e la messa in discussione dei lavoratori (vicenda forestale) è il prodotto di un’assenza di programmazione di interventi in grado di mantenere e innovare progetti di sviluppo.
Come Partito dei Comunisti Italiani in questi anni siamo stati interlocutori di una proposta politica precisa e chiara. Pensiamo che dall’entroterra Irpino possa partire una nuova sfida, la cui vittoria può solo avvenire se noi (sinistra e comunisti) e il mondo del lavoro superano gli egoismi, cioè il correre da soli. La prima fase da costruire, individuare percorsi di sviluppo, in grado di far scendere in campo anche altri soggetti per coinvolgerli in uno sforzo sinergico, capace di attivare forze, potenzialità e risorse. La sfida del Mezzogiorno e dell’Irpinia passa nel creare condizioni di sviluppo attraverso la valorizzazione delle risorse locali, partendo da quella montana, dal turismo e costruendo un legame tra l’uomo e l’ambiente come valore sociale ed economico.
Questi settori devono essere integrati nella cosiddetta filiera, in modo da creare condizioni anche di lavoro: energia rinnovabile (biomasse – legato al residuo agricolo forestale, eolico, ecc); impianti di compostaggio (l’attività di trasformare la frazione umida dei rifiuti solidi urbani e gli scarti di produzioni agricole e industriali biodegradabili in terriccio e concime per il commercio); rifondazione dell’agricoltura biologica (mela annurca, mela limoncella la conversione del ceduo in castagneto da frutto, comprendendo la lotta biologica al balanino delle castagne e cinipide galligeno del castagno). Potremo aggiungere altre risorse, ora sostituite dallo sviluppo intensivo e speculativo. Il costruire questi processi di valorizzazione con l’integrazione di una pianificazione territoriale in grado di prevedere opere pubbliche di vera utilità. Oltre a garantire la soddisfazione dei fabbisogni, consentire di perseguire la sostenibilità ambientale e il recupero delle tecniche idrauliche – forestali, dell’ingegneria naturalistica, risolvendo l’altro grande tema, cioè la messa in sicurezza del territorio. Un restauro del paesaggio in grado di far diventare la nostra risorsa montana usufruibile e visitabile, in modo da attrarre attori turistici con regole certe e chiare.
Al tempo stesso inserire il valore storico – architettonico dei nostri centri storici, come una risorsa per una nuova visione di turismo locale. Il rilancio del turismo attraverso due modalità: la ricerca mediante una riflessione sistematica sul fenomeno turistico (vari tipi di domanda, le varie tipologie di turismo); la centralità del territorio (accessibilità e mobilità dell’area). Altro compito è di riappropriarsi del senso di responsabilità nella gestione delle risorse idriche, poiché l’acqua è un elemento centrale della nostra esistenza. L’acqua, un mezzo di produzione di energia, che favorisci trasporti e lo sviluppo socio economico dei territori che attraversa. Condizione, inoltre, in grado di creare reti, unire culture e definire paesaggi e ospitare qualità ambientali, habitat e reti ecologiche. Intervenire, quindi, in un territorio fluviale comporta un senso di responsabilità, dal condividere un insieme di valori naturali, paesaggistici e socio-economici. Costruire anche in Irpinia i Contratti di fiume, strumenti di programmazione negoziata interrelata a processi di pianificazione strategica per la riqualificazione dei bacini fluviali, con l’obiettivo di mettere in campo attività che affrontino: la riduzione dell’inquinamento delle acque, la difesa idraulica, la protezione del dissesto idrogeologico, la rinaturalizzazione, ottimizzazione delle risorse idriche e promozione e sviluppo del territorio. Noi Comunisti Italiani crediamo che con queste nuove politiche che possiamo inserirsi la questione del lavoro, la ricollocazione dei lavoratori idraulici – forestali, attraverso il rilancio del territorio.
L’artigianato e la piccola impresa devono essere integrate in un concetto di valorizzazione territoriale, in modo da creare sinergie per competere sul mercato. Competere significa investire nell’innovazione, creare prodotti innovati e soprattutto legati alle risorse locali, ma garantendo salari dignitosi e diritti. Il punto centrale per far diventare reali questi progetti, avviene se l’intervento dell’Istituzioni ritorni centrale e si eviti l’esperienza della Cassa del Mezzogiorno o della nuova programmazione (fondi europei) tradotta nello sperpero di denaro pubblico. La Stato centrale deve fare sicuramente la sua parte, ma un ruolo lo possono giocare gli Enti Locali, iniziando una battaglia contro coloro che in questi hanno preso finanziamenti pubblici per insediamenti e attività di sviluppo, ma poi hanno delocalizzato o arricchito solo loro stessi. I Comuni e i vari enti diventino parte civile in quest’azione contro chi prendendo soldi pubblici, ha prodotto e accentuato il malessere sociale, denunciandoli, poiché nelle nostre comunità si conosco e creare un collegamento diretto con gli enti ministeriali per individuare i responsabili. Il ruolo degli Enti Locali per rilanciare e valorizzare questa idea si sviluppo, passa anche attraverso la riduzione di spese inutili, costruendo bilanci partecipati, dove gli attori sociali (imprenditori seri, forze sociali e cittadini) definiscono e indirizzano le risorse economiche pubbliche verso determinati politiche.
La condivisione di questa concezione è un paletto per i Comunisti Italiani, per costruire coalizioni e siamo convinti che l’isolamento o l’autosufficienza sia un errore. Diventando un solo corpo, una sola mente e una sola anima (lavoratori, movimenti e singoli cittadini), anche il sacrificio dei Lavoratori Irisbus Iveco e dei tanti altri stabilimenti, potrà diventare l’elemento collettivo per costruire la conquista del potere e cacciare i mercanti dal tempio (anche quelli di sinistra), che da tempo governano questa nostra provincia e consentono di sperperare i soldi pubblici. Il presente dipenda da noi e solo mettendoci insieme (lavoratori e comunisti) saremo in grado di costruire il nuovo stato dove il proletariato sarà, classe dominante e classe dirigente insieme”, conclude Servodio.