“Bisognerebbe innanzitutto fare chiarezza. La filosofia dell’interpretazione dei dati è materia su cui ciascun dirigente del Partito Democratico in queste ore si esercita e, permettetemi, con esiti abbastanza deludenti. Quello che appare evidente è che il vero sconfitto di queste politiche è proprio il Pd. E a poco giova rivendicare la risicata maggioranza di preferenze alla Camera o ancor peggio la manciata di seggi in più al Senato, che di fatto ci consegnano un Parlamento ingovernabile”. E’ q… |
“Bisognerebbe innanzitutto fare chiarezza. La filosofia dell’interpretazione dei dati è materia su cui ciascun dirigente del Partito Democratico in queste ore si esercita e, permettetemi, con esiti abbastanza deludenti. Quello che appare evidente è che il vero sconfitto di queste politiche è proprio il Pd. E a poco giova rivendicare la risicata maggioranza di preferenze alla Camera o ancor peggio la manciata di seggi in più al Senato, che di fatto ci consegnano un Parlamento ingovernabile”. E’ quanto sostiene la dirigente del Partito Democratico Nadia Arace. “Ma come abbiamo fatto a perderle queste elezioni? E non si dica sbrigativamente che l’elettorato è stato incantato dagli urlatori e dai pifferai, l’elettorato va rispettato sempre, diceva qualcuno che “la gente, perché è la gente che fa la storia, quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare”. Perché non è il Pdl o il M5S ad aver recuperato o fatto “boom”, siamo noi ad aver depauperato irresponsabilmente attese e speranze di cambiamento. E’ da qui che dovremmo iniziare l’analisi – prosegue Arace -. Solo qualche mese fa avevamo stravinto la sfida della partecipazione popolare con le primarie. Milioni di cittadini alle urne in una festa democratica senza precedenti. Il Segretario, che coraggiosamente aveva aperto a Renzi raccogliendo il guanto di sfida, vince lo scontro per la leadership, coagulando intorno a sé il consenso di tanti elettori che avevano preferito l’usato sicuro al giovane ed entusiasta rottamatore capace però di riempire di nuovo i teatri e di raccontarci una visione dell’Italia scevra dalle scorie malsane più che nostalgiche che porta in sé chi si sente un ex. A lui, cui va riconosciuto il merito di aver rivitalizzato un partito di burocrati contro cui aveva lanciato un indisponente (?) segnale di rottura, gli elettori hanno preferito Bersani. E fin qui ci siamo. Ma quello che è successo nei giorni che seguono il 2 dicembre è stato il de profundis del Pd. Senza quel fastidioso sindaco, ecco che di nuovo l’entourage parassitario si riorganizza prontamente. Rifacciamo le primarie per scegliere i parlamentari ma le facciamo con una platea ristretta, l’unica in grado di garantire un discreto controllo dei risultati. Perché, ricordiamolo, avevano facoltà di votare i partecipanti alle primarie del 25 Novembre più i tesserati del Pd. Ecco, proprio quando si sarebbe dovuta allargare la base elettorale, chiamata a scegliere i propri rappresentanti territoriali a Roma, cosa fa la dirigenza del Pd? La restringe, dando diritto d’asilo ai tesserati e chiudendo le urne ai cittadini! Ed ecco il pasticcio delle parlamentari, usate per legittimare subdolamente proprio quell’apparato forte nelle regioni meridionali (leggi Bindi in Calabria anche se lei è senese e Finocchiaro in Puglia benché l’onorevole sia siciliana), le stesse regioni che oggi hanno riconfermato Silvio Berlusconi.
E’ qui che vanno ricercate le prime ragioni della sconfitta, nei due mondi paralleli che sono l’apparato, titolato a eleggere i candidati al Parlamento, e la cittadinanza, tenuta scientemente fuori, e che alla conta del momento topico puntualmente non hanno coinciso. Secondo dazio pagato sulla strada per Palazzo Chigi è stata la composizione delle liste, con i capolista Letta e compagnia varia paracadutati sempre qui al Sud ma che con il Sud non hanno legami, eccezion fatta per qualche comparsata. Quindi, il capolavoro di Enzo Amendola, segretario regionale campano che non ha “dovuto” misurarsi alle primarie farsa e si è autonominato candidato nella lista di Campania 2, chiaramente non nella sua circoscrizione dove pure in passato ha firmato altri pezzi d’autore. Cosa aggiungere sul suo saggio operato se non i veti posti, l’arroganza nella disposizione dei posti blindati e di quelli a rischio o inutili? Amplificata a livello nazionale, questa è la cartina al tornasole della sconfitta. A poco giova aver confermato il consenso del Pd in Irpinia se la regione e con essa un pezzo d’Italia è stata consegnata ancora una volta a Berlusconi. Si apra adesso una fase nuova per il Pd a livello nazionale, regionale e territoriale. Se davvero siamo un partito responsabile e che ha a cuore il Bene Comune e non la conservazione del potere, liberiamoci delle zavorre di decenni di tatticismi e di elitismo masochista, di correnti e spartizioni, delle scorie di ex qualcosa, di presunta superiorità intellettuale, si abbia il coraggio di aprire la più grande forza progressista alla società tutta, si abbia la volontà di essere inclusivi, si abbia il coraggio di rischiare, perché la responsabilità non sta nel pretendere di governare perché l’Italia giusta è un concetto di sinistra (anche se sarebbe meglio ricordare che siamo ancora un partito di centro-sinistra). Noi giovani siamo pronti a fare la nostra parte, non abbiamo paura di vivere la politica come servizio né di amarne la bellezza, siamo pronti a costruire il futuro della nostra generazione sulle macerie di una classe dirigente che ha dimostrato ancora una volta di aver avuto la sua possibilità di giocarsi la partita e di averla persa.
Siamo pronti ad aprire un nuovo corso nel partito democratico con tutte le forze migliori che vogliano condividere con noi questa via alternativa, consci che tra qualche mese saremo chiamati ad un altro importante appuntamento, le amministrative della città capoluogo, che non possiamo consentirci di mancare. A Roma si facciano le riforme urgenti che l’Italia attende e si modifichi questa mortificante legge elettorale, poi di nuovo al voto. Questa volta senza nascondigli, con la fiducia che siamo un ancora un grande Paese. La democrazia, la partecipazione, i diritti sono conquiste degli Italiani ed appartengono a tutti. Sono i fondamenti di un Paese civile. La responsabilità sta nell’applicarle davvero. Fino in fondo”, conclude Arace.