Forgione: “Il rinnovamento non è un’utopia”

Forgione: “Il rinnovamento non è un’utopia”
Forgione, allora, che cosa emerge dalla Convenzione provinciale di domenica? Domenica “i soliti noti” hanno semplicemente ratificato i rapporti di forza nel partito. Si sono divise le quote, come veri azionisti, in funzione di candidature e di presidenze di enti. Davanti ad una platea di gio…

Forgione: “Il rinnovamento non è un’utopia”

Forgione, allora, che cosa emerge dalla Convenzione provinciale di domenica? Domenica “i soliti noti” hanno semplicemente ratificato i rapporti di forza nel partito. Si sono divise le quote, come veri azionisti, in funzione di candidature e di presidenze di enti. Davanti ad una platea di giovani delegati, animati da passione politica e voglia di cambiare, abbiamo fornito uno spettacolo indecente: un partito rissoso, che non ama il confronto, pronto solo a spartirsi la torta. Verrebbe voglia di mandare tutto a quel paese se non fosse per questa destra di governo intollerante, antidemocratica, nemica delle fasce sociali più deboli. Si, ma chi ha vinto il congresso? Sempre gli stessi, quelli che si chiudono nelle stanze e si appartano con luogotenenti, mercenari e servi fedeli con il pallottoliere, che stabiliscono le strategie a tavolino e che trattano solo con gli altri capibastone per trovare un accordo. Sono indignato perché il partito ancora non c’è. Quello che abbiamo oggi è il partito dei predatori e degli avventurieri, non certo il partito immaginato da Walter Veltroni fatto di cittadini che partecipano alla vita politica e decidono sia la classe dirigente che la linea politica. Il futuro è di tutti mentre oggi nel Pd decidono solo i professionisti della politica, i parrucconi aristocratici ed i venditori di mutante. Se non cambiamo subito, perderemo ancora consensi ed elezioni, e saremo costretti a tenerci Berlusconi fino a che campa. Cosa intende per cambiare? Il futuro è l’unico tempo che ci è dato di vivere e questo tempo nuovo va progettato ma ancor prima va immaginato. L’attuale classe dirigente del PD viene dal passato e non è in grado di immaginare nuovi metodi e nuovi modelli. Come si può pensare che un politico navigato, come Massimo D’Alema, sia oggi diverso da quello che è stato nel vecchio PCI? Dalle nostre parti si dice che “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Nuove idee non possono camminare sulle gambe di vecchi dirigenti. Le nuove idee hanno bisogno, anche e soprattutto, di gambe agili e di nuovi leader. Senza una nuova classe dirigente non risulteremo mai credibili agli occhi dell’opinione pubblica e dei cittadini. Questo è il motivo per cui ha scelto la mozione Marino? Esattamente. Ignazio Marino precorre i tempi e declina un partito sul modello del partito democratico americano. Il partito di Marino è un partito a vocazione maggioritaria, riformista, non ideologico, laico, che sceglie la propria classe dirigente con il metodo delle primarie. E’ antitetico al partito “solido” proposto da Bersani, fatto di soli iscritti, tenuti insieme da vecchie liturgie, che rinuncia alla vocazione maggioritaria e ritaglia per se il ruolo di forza minoritaria di sinistra, che propone un’alleanza difficile da realizzare come quella con il centro di Casini e con la sinistra extraparlamentare. Il partito di Bersani è in realtà un partito di post-comunisti nostalgici, di falsi uomini “duri e puri” che non hanno mai smesso di frequentare imprenditori senza scrupoli come Tarantini, che si scambiano in TV i pizzini del malaffare con gli avversari politici, che difendono il disastro della politica bassoliniana in Campania. In definitiva, il partito di Bersani è il partito della restaurazione partitocratica, un modello conservatore. Ed allora lei cosa propone? Veda, la vera sfida del congresso è fra innovatori e conservatori. Gli innovatori sono riconducibili al modello veltroniano di partito. Infatti, le mozioni di Franceschini e di Marino sono le vere eredi ed interpreti del partito aperto, plurale e delle primarie voluto da Veltroni. E’, pertanto, dovere di tutti i democratici, donne e uomini, moderni e post-ideologici, continuare a percorrere la strada tracciata da Walter Veltroni. Poi, siccome il congresso irpino ha consegnato un risultato che da ai veltroniani (Marino + Franceschini) quasi il 70 per cento dei consensi, tocca a noi la responsabilità di governare il partito provinciale. Occorre quindi riavvicinare la mozione Franceschini e quella Marino su una grande speranza di rinnovamento e di partecipazione. Noi, democratici veltroniani della Media Valle del Calore siamo pronti. A chi tocca l’altro passo? E’ compito del Senatore Enzo de Luca chiarire da che parte sta e stoppare sul nascere quel sottobosco di presunte alleanze innaturali fra i residui del bassolinismo ed i nostalgici del demitismo per portare finalmente il partito in mare aperto, fra la gente e nelle piazze, per farne finalmente il partito dei cittadini. Una volta unite le due anime del veltronismo, si potrà insomma scegliere la squadra che dovrà governare il partito irpino. Sono fiducioso che il Senatore De Luca saprà cogliere e fare Sua questa nostra proposta e che insieme ad altri dirigenti del partito, sostenitori della mozione Franceschini, come Gino Anzalone, Franco Maselli, Aldo D’Andrea e Peppino Di Iorio riuscirà ad impedire il progetto trasformista. Fra poco ci saranno le elezioni regionali, i Veltroniani con chi si schiereranno? La nostra scelta l’abbiamo fatta da tempo. Il nostro candidato alla carica di Governatore della Campania è il Sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca. Per lui abbiamo costituito il “Comitato dei Mille”. Subito dopo le primarie del 25 ottobre, Vincenzo De Luca sarà nuovamente in Irpinia e da quel momento inizierà ufficialmente la campagna elettorale. A lui abbiamo chiesto, in uno degli ultimi incontri, di voler favorire in Irpinia un rinnovamento radicale della classe dirigente, evitando di riciclare nel nuovo progetto chi in questi anni ha rappresentato il bassolinismo. D’altronde, se cosi non fosse, tradiremmo le aspettative dei tanti democratici campani che si aspettano dal PD un segnale di discontinuità e di vero cambiamento. Lei che peso avrà nel futuro del partito? Di fronte ad una seria azione di rinnovamento che obbligherebbe i vecchi professionisti della politica a ritirarsi a vita privata, di fronte alla possibilità di dare il governo della cosa pubblica nelle mani delle nuove generazioni, di fronte ad un governo collegiale e riformatore conta poco cosa farà Andrea Forgione. Il bene comune, la democrazia, una Irpinia rinnovata e liberata dai pochi Satrapi e dai tanti Mandarini sarebbe il compimento di un bel sogno, una vera rivoluzione democratica. Oltre all’utopia democratica c’è un altro sogno che coltivo da sempre: vivere a Maratea, luogo amato dalla mia compagna e dai miei figli. Ecco, potrei andare a vivere laggiù con la mia famiglia. Ma prima che ciò accada c’è ancora da combattere. noi saremo come sempre sulle barricate. I veri democratici possono contare sul nostro umile contributo.

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