Il centrosinistra ha un problema: vanno quasi d’accordo

Dalla nascita del primo centrosinistra avvenuta 28 anni fa è la prima volta che nel centrosinistra si assiste ad un ribaltamento dei ruoli: stavolta è il Pd nella qualità di erede del vecchio Partito popolare poi Margherita ad essere inseguito dai suoi alleati per dare vita ad una coalizione in vista delle amministrative del 2024. Ridotte anche un po’ a mal partito, o meglio senza avere un partito di riferimento, le varie anime della sinistra non confluita nei democratici, ora spingono per definire al più presto un accordo proprio con quel partito e quella classe dirigente che negli ultimi anni è stata bersaglio di accuse e lotta politica persino più dura rispetto a quella riservata alla destra di governo. L’atteggiamento della ex sinistra di lotta dura e pura si spiega con le difficoltà crescenti di una eventuale corsa in solitaria alle prossime elezioni, destinata a divenire ancora più complicata in caso di doppia competizione al Comune capoluogo e alla Provincia.

Strano ma vero, il Partito democratico può contare anche sulla disponibilità all’alleanza del Movimento cinque stelle che tuttavia ha un costo preventivato decisamente maggiore: i grillini sono pronti a definire un accordo con il Pd anche senza l’apporto della sinistra, ma la condizione già oggi messa sul tavolo implicitamente è quella di indicare in quota Cinque stelle il nome del candidato alla presidente della Provincia. infine il Pd può sempre contare sul dialogo con Italia viva, che almeno in Campania ha come riferimento il governatore De Luca prima ancora che Matteo Renzi.

L’abbondanza di alleati potenziali rischia tuttavia di essere un problema per i democratici, perché ciascuno schema di alleanza pone limiti e difficoltà a via Tagliamento per indicare propri candidati. Se ad esempio si realizzasse il campo largo (Pd, M5s e tutte le anime della sinistra alternativa), dando per scontata la pretesa dei grillini di indicare un loro nome come candidato a palazzo Caracciolo, che spazi ci sarebbero per il Pd per indicare un suo iscritto alla carica di sindaco di Avellino? Questo senza dimenticare che proprio le anime della sinistra alternativa e le associazioni vicine al centrosinistra preferirebbero per la sfida in città un nome della società civile piuttosto che un esponente di partito. Ed ancora: il Pd è più interessato a indicare il nome del candidato sindaco di Avellino, oppure quello di candidato presidente della Provincia?

In fin dei conti è questo il primo problema che i democratici devono evitare: alla porta di via Tagliamento ci sono troppi potenziali alleati che al momento rischiano di non portare voti, ma chiedono al principale partito di fare eleggere i loro riferimenti.

SPOT