Il senatore De Luca ricorda la figura di Moro |
Il senatore De Luca ricorda la figura di Moro
Il senatore Enzo De Luca ricorda Moro e approfitta della ricorrenza per spronare il Pd irpino. Ecco la sua riflessione: “Ancora un anno, e sono trentuno, da quel 16 marzo 1978 in cui il commando delle Brigate Rosse sequestrò Aldo Moro, uccidendo i cinque uomini della sua scorta. Cinquantacinque giorni dopo, il ritrovamento del cadavere del presidente della Dc nel bagagliaio della Renault Rossa in via Caetani ha cambiato per sempre la storia del Paese. Perché, pur con la ferma volontà di rifuggire dalle commemorazioni di rito, parlare ancora di Aldo Moro? Perché, a nostro avviso, ricordare Aldo Moro oggi significa parlare di qualcuno che ci interpella molto seriamente su questioni ancora irrisolte della nostra storia politica ed istituzionale. Analizzarne il pensiero vuol dire rivalutarne l’attualità, riflettere sul senso della lezione che ci ha lasciato e che solo l’esercizio vivificante della memoria ci consentirà di sottrarre all’amnesia collettiva, segno distintivo dei nostri tempi, non a caso connotati, prima di tutto in politica, da una cronica mancanza di responsabilità, che della perdita di memoria collettiva è conseguenza diretta. Il senso della testimonianza di Moro, protagonista di vent’anni della storia della Repubblica, uomo e politico così diverso da quelli cui siamo abituati oggi, sta nell’affermazione costante del primato della politica intesa non come pratica di potere asfittica, ma come azione coraggiosa, di guida e direzione dell’evoluzione democratica del Paese. Politica come mediazione civile e non lotta tra interessi. Moro è attuale nel suo contributo determinante alla redazione, attraverso un patto lungimirante tra le parti politiche, della carta Costituzionale, che ora qualcuno vuole stravolgere a colpi di maggioranza e che invece va salvaguardata, pur con alcune modifiche, come principio fondante il nostro Stato. Moro è attuale, il suo riferimento ancora vivo, nella capacità di parlare ai giovani di politica, individuandoli come sentinelle del futuro, in grado di cogliere, prima e meglio di noi, i nuovi bisogni, le nuove domande che si levano dalla società. Moro è attuale per la capacità, non circoscritta a spot populistici, ma affidata ad analisi rigorose e, per efficacia, di rara spregiudicatezza, di indicare le grandi questioni da affrontare: i diritti dei lavoratori e delle donne e dei giovani. Non se ne parla ancora oggi, forse con toni che indulgono un po’ troppo alla propaganda? Ma la politica è cosa diversa dalla propaganda e Moro non ha mai smesso di insegnarcelo, con pazienza e lungimiranza, spiegando che essa è prima di tutto progetto umano, da realizzare attraverso la solidarietà tra le parti. Non è un caso se proprio sulla solidarietà egli basava l’avvio di una terza fase della storia del Paese. Ricollegandosi alle idee di De Gasperi, segnava in tre tappe il percorso di rinnovamento dell’Italia: alla fase della ricostruzione, sarebbe seguita quella delle riforme, e poi quella dell’alternanza democratica, possibile in prima istanza con “l’associazione” del Pci al governo. Con l’obiettivo ultimo, attraverso i governi delle “convergenze democratiche” e poi di “solidarietà nazionale” e dunque con la legittimazione delle grandi forze della sinistra, in un confronto dialettico con Enrico Berlinguer, di consolidare la democrazia. Un progetto riformista, che aveva cominciato a prendere consistenza, se non che, con l’assassinio del suo promotore, il fanatismo brigatistico decapitò sul nascere la possibilità di una nuova stagione. Oggi, a distanza di trentuno anni, la politica, spesso distante dagli insegnamenti di Moro, si interroga sulle riforme da realizzare, sulle risposte a bisogni e riconoscimenti a diritti che il grande statista aveva già individuato. La sfida del Partito democratico ha inteso intercettare questa esigenza, recuperando autorevolezza alla politica, per creare una cultura di governo, attorno ad un programma serio ed attuabile, attraverso la semplificazione del sistema. La scommessa è ancora in corso, ma mi pare che il Pd possa recuperare in pieno la lezione di Moro, per dare finalmente corpo ad una esigenza, il consolidamento della cosiddetta “democrazia dell’alternanza”, avvertita dalla società ma non ancora pienamente recepita dalla politica”.