La Fgci contro il governo Monti: “Una finanziaria di guerra!”

POLITICA AVELLINO – “Siamo totalmente contrari alla linea di questo governo e siamo anche sconcertati dalla rozzezza del viceministro Martone, il quale ha dichiarato che gli studenti che non si laureano entro i 28 anni sono degli “sfigati”. Il Ministro non sa, o finge di non sapere, che non tutti possono permettersi la laurea e che molti studenti lavorano per pagarsi l’università”. E’ quanto affermano Salvatore Ferraro, coordinatore Fgci Irpinia, e Mario Ferdinandi del coordinamento nazionale Fgci.
“Bisogna rammentare a Martone che questo fenomeno sarà incentivato dal fatto che nell’ultima finanziaria sono stati eseguiti tagli per 13 miliardi di euro al mondo della scuola, sempre meno pubblica, acculturata, ma in compenso fatiscente, fenomeno che purtroppo anche l’Irpinia conosce bene. Il governo ha preferito spendere 48 miliardi di euro per acquistare elicotteri, caccia, aerei, sommergibili e sistemi digitali per l’esercito, il che prefigura un imminente scenario di guerra, in cui l’Italia è coinvolta. Ecco dove il Governo, invece, prende i soldi che servono a sostenere, oltre le inumani guerre, una élite di dirigenti, manager etc. incapace e corrotta: tagli alla spesa pubblica di oltre 5 miliardi di euro; tagli di 5 miliardi agli enti locali; aumento dell’iva al 23%; reintroduzione dell’ici per un introito di 11 miliardi; tagli alla spesa pubblica per 13 miliardi di euro, come già detto.
Questo, in senso pratico, ha determinato anche la crisi del settore dei trasporti, dato che per questo Governo, come quello precedente, non sembra un tema da affrontare, né dal punto di visto produttivo, che di servizio pubblico. Lo hanno entrambi dimostrato con il caso irisbus-iveco, calando un pietoso velo di omertà, ignorando completamente quello che possiamo considerare un piccolo tesoro dell’Irpinia, cioè una fabbrica dall’eccellente manovalanza, che sfornava prodotti di qualità ma che la fiat ha deciso di chiudere per sfruttare altri operai all’estero, a costi ancora più ridotti. La crisi però ha già colpito, oltre i lavoratori, gli studenti e i pendolari in generale, costretti ad orari indecenti e un servizio che non ripaga per nulla il prezzo del biglietto. E’ necessario quanto meno adeguare il costo del biglietto al servizio offerto, ma ancora più necessario è investire sugli autobus. Quelli di nuova generazione e ad impatto ambientale zero. In questo modo si produce lavoro, ricchezza e servizio utile alla cittadinanza. Oltre che il trasporto su gomma, c’è da sottolineare la carenza di servizio del trasporto su ferro, ed in particolare la tratta della metrocampania nord-est, in Valle Caudina.
Soppresse tutte le corse della domenica, anche altre corse infrasettimanali sono state tagliate. I treni, sempre più malridotti e privi di manutenzione, anche dal punto di vista igienico, sono vecchi e obsoleti, al punto che, se pochi anni fa la tratta Benevento-Napoli veniva percorsa in un’ora e quindici minuti, oggi il tratto di percorrenza impiega, sulla carta, un’ora e trenta minuti. Il biglietto però è lievitato in poco tempo da tre a quattro euro. Infine, i fatti di cronaca di certo non vanno a favore dell’azienda di trasporti.
L’arresto degli otto dirigenti della metrocampania nord-est, a seguito di intercettazioni avvenute nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti truccati di trenitalia, mette di certo in risalto l’incapacità di gestione aziendale del settore privato, favoreggiato dall’assenza di controlli, che sono parte in causa della crisi del settore trasporti. L’ingordigia di certe persone ha non solo leso i pendolari, peggiorando il servizio, ma hanno messo a rischio oltre 2.000 posti di lavoro che, nella sola Campania, è il cuore pulsante del sistema dei trasporti. In questi giorni si è tornato a discutere, inoltre, dell’abrogazione del valore della laurea. Monti ha aperto una consultazione pubblica e il governo per ora ha rinviato l’intervento sul tema. Intanto però il valore del titolo di studio non sarà più determinante grazie a una norma inserita nel decreto semplificazioni che prevede l’introduzione anche per i concorsi pubblici di una valutazione specifica e, più in generale, del curriculum dei candidati. Grazie al decreto semplificazioni il valore della laurea quando verrà richiesta (ai concorsi, soprattutto) non sarà più determinante.
Questo darà vita ad una serie arbitraria di assunzioni nel settore pubblico sorvolando persino il titolo di studio, in questo caso la laurea. Siamo contrari all’abolizione del valore legale della laurea perchè nelle intenzioni del legislatore, il valore legale del titolo di studio è ‘marchio di qualità’ concesso dallo Stato alle università”, che garantisce ai cittadini la qualità della formazione universitaria. Inoltre si è tornato a parlare di fare una sorta di rating delle varie università secondo determinati criteri come da modello americano.
Con questo modello un punteggio di laurea pari a 100 preso in un università X con un tot di punti non andrebbe a corrispondere con un 100 preso in un’altra università con un punteggio minore. Noi della Fgci ci opponiamo a questo criterio perché farà si che ci saranno molte più disuguaglianze sociali perché daranno vita a 2 grandi poli universitari, quelli più costosi e prestigiosi, dove verranno investiti più soldi e solo in pochi ne potranno usufruire e quelle meno costose dove il punteggio di un 110 e lode sarà inferiore ad un punteggio di un 90 in un università di rango superiore.
Chi non potrà permettersi di studiare in un’università costosa e quindi di alto rango sarà sempre più svantaggiato nel mondo del lavoro, perché inevitabilmente si troverebbe svantaggiato nei concorsi pubblici dove partirebbe con un bonus inferiore rispetto a chi potrà permettersi un’università migliore. Bisogna investire sul mondo universitario, tutte le università devono garantire un determinato tasso di istruzione a prescindere da tutto, se costosa o meno. Anche gli ordini professionali manifestano forti perplessità. Dopo una lunghissima disamina della questione, il Consiglio nazionale forense conclude che in Italia “mancano le fondamentali precondizioni necessarie a che l’abolizione del valore del titolo di studio universitario ai fini di abilitazioni e concorsi pubblici possa dare dei concreti e dimostrabili benefici”.
Anche il Consiglio nazionale degli ingegneri ritiene che “stante l’attuale quadro normativo, l’abolizione del valore legale del titolo di studio, comporterebbe un indebolimento della già ridotta capacità dell’Ordine degli ingegneri di garantire la qualità delle prestazioni dei propri iscritti”. Crediamo che per migliorare il livello di istruzione e formazione non è necessario abolire il valore legale del titolo di studio, che non risolve la questione, ma bisogna fare maggiori investimenti mirati su questo settore. Fino a quando però il Governo preferirà la guerra all’istruzione, le banche ai diritti ed il mercato al lavoro, stiamo pur certi che questo Paese non potrà altro che peggiorare di giorno in giorno. L’Italia continua a partecipare, contro la Costituzione, alle missioni di guerra all’estero, ad ospitare basi straniere, a far parte della NATO ed ora, in molti, vorrebbero addirittura attaccare Siria e Iran!
Sarebbe bene ricordare che ogni volta che viene sparato un missile cruise tomahawk spendiamo 533 mila euro, qualcosa come i soldi che potrebbero essere dati a 40 giovani lavoratori per un anno intero e per ogni missile di crociera storm shadow spendiamo attorno al milione di euro e cioè ad una cifra pari a quanto spenderemmo per pagare lo stipendio a più di 8 mila ricercatori per un anno intero. D’altro canto, se il Governo non risponderà a breve, sarà il popolo a sfiduciarlo scendendo in piazza. La FGCI Irpina, di certo, non mancherà all’appuntamento”.

SPOT