Manifestazione Primo Maggio a Grottaminarda, adesione del PdCI

“La crisi è drammatica. Sono aumentate le disparità, le differenze e le diseguaglianze. C’è chi si è arricchito e chi invece si è impoverito. Aumentano licenziamenti, cassa integrazione, precarietà, disoccupazione e povertà. Il paese è ormai in piena recessione e il Sud paga un conto salato. Tutti gli indicatori economici, sociali, civili e culturali denunciano l’aggravamento della situazione del mezzogiorno. Reddito, occupazione e Pil sono in caduta libera anche per effetto della crisi che colpisce più pesantemente i ceti sociali ed i territori più deboli. Ma anche la qualità dei servizi (scuola, sanità, trasporti, ecc.), i diritti di cittadinanza e le condizioni di vita sono assai peggiorati”. Il Partito dei Comunisti Italiani analizzano la difficile situazione del paese e danno l’adesione alla manifestazione del Primo maggio che si terrà a Grottaminarda.
“Al Sud la forte caduta del reddito, dei consumi interni e dell’occupazione viene aggravata dall’ingente riduzione della spesa pubblica corrente e in conto capitale, e poi anche dall’aumento della pressione fiscale locale (la “fiscalità di vantaggio” al contrario). Ciò – in un evidente circuito recessivo – riduce occupazione, consumi, reddito, essendo anche la capacità di esportare del Sud relativamente contenuta e assai inferiore a quella del Centro-Nord a causa dei più limitati processi di sviluppo. Le politiche per il Sud di questi anni – prosegue la nota – si possono racchiudere in due elementi: il ponte sullo Stretto e la militarizzazione delle città. E’ il modello delle cattedrali nel deserto e della concentrazione degli impianti più inquinanti e devastanti che ha distrutto il mezzogiorno che si vuole perpetuare (centrale a carbone di Saline joniche, rigassificatore di Gioia Tauro, termovalorizzatori, ecc.). E’ uno scandalo quello che è avvenuto negli anni passati per mano di un governo classista e antimeridionalista. Sono stati presi i soldi al Sud cioè alla parte più debole e svantaggiata del paese e sono stati spostati alle regioni più ricche e sviluppate del centro Nord. Si parla di circa 35 miliardi di euro di fondi FAS spostati dal Sud al Nord. I tagli operati in tutti i settori, dall’università, alle opere pubbliche, alle spese sociali, hanno privato sistematicamente le regioni meridionali di fondi per progetti già in programma, depauperando di fatto il Mezzogiorno delle sue risorse.
L’ingente spostamento di risorse verso il Nord viene sostenuto con una vera e propria falsificazione ideologica della realtà fondata sulla rappresentazione caricaturale di un Sud sprecone, ladro e mafioso. In questa maniera, ogni giorno viene praticato uno scippo nei confronti del Sud. Tutto ciò ha provocato una spaccatura del paese, allargando il solco tra il Nord e il Sud e aumentando le distanze e le differenze. E’ una situazione che assume aspetti ormai allarmanti ed inquietanti che potrebbe avere un effetto catastrofico per il mezzogiorno.
Ancora oggi vari problemi strutturali ipotecano le sue possibilità di progresso economico. Tra i più gravi è opportuno ricordare:
DISOCCUPAZIONE ALLE STELLE E POVERTA’ CRESCENTE. 2 giovani su 3 sono disoccupati.e in mancanza di qualsiasi alternativa, ormai i giovani hanno ripreso la strada dell’emigrazione come i loro nonni.
CRIMINALITA’ ORGANIZZATA POTENTE E AGGRESSIVA. ETICA E MORALITA’ FORTEMENTE COMPROMESSI. Dopo gli anni dell’esodo biblico che ha investito il mezzogiorno(si calcola che dal 1875 al 1985 oltre 28 milioni di persone abbiano preso la strada dell’emigrazione), oggi questo fenomeno ha ripreso forza e consistenza, ma ad emigrare non sono più le braccia, ma i cervelli. Protagonisti di questa nuova ondata migratoria sono i giovani diplomati e laureati, i cervelli del Sud. La fuga dei cervelli abruzzesi, calabresi, campani, lucani, molisani, pugliesi, sardi e siciliani, è divenuta vera e propria diaspora, bloccando qualsiasi possibilità di migliorare e trasformare il Sud.
In questa battaglia ci può aiutare il recupero in chiave moderna del pensiero meridionalista gramsciano che altro non era e non può non essere per noi l’idea di un Mezzogiorno produttivo, che si stacca, perciò, dall’assistenzialismo, dal trasformismo, dalla piaga storica della mafia. Tale è oggi il Mezzogiorno. Come il resto del mondo industrializzato, il Sud d’Italia ha raggiunto la fase post-industriale, ma non ha mai conosciuto una fase industriale matura. Dopo 150 anni dall’unità d’Italia il divario tra il Nord e il Sud del paese è enorme e la questione meridionale, si è via via aggravata diventando oggi vera e propria emergenza nazionale. Noi Comunisti italiani, noi comunisti meridionali, pensiamo che non c’è futuro per l’Italia se non c’è un’attenzione nuova, una politica nuova verso il Mezzogiorno, se non c’è lo sviluppo del Mezzogiorno. Ci vuole una svolta profonda. Occorre promuovere un grande piano di investimenti pubblici verso il Mezzogiorno, rilanciando l’intervento pubblico nell’economia, aumentando la presenza e l’impegno finanziario dello Stato verso il Mezzogiorno, perché quella è la priorità che va introdotta, se si vuole voltare pagina, intervenendo seriamente e concretamente per ridurre il divario tra il Nord e il Sud e per rilanciare la crescita del paese.
Pensiamo ad un Nuovo flusso di finanziamenti per il Meridione, un “Progetto per il mezzogiorno del XXI secolo”, che possa valorizzare le piccole imprese oneste oggi sottoposte alla concorrenza sleale da parte dell’economia legata alle mafie e alle multinazionali che attraverso pressioni, intimidazioni, formazione di cartelli e trusts risucchiano quasi completamente il valore degli scambi commerciali nel meridione. E’ importante dare priorità assoluta ed un sostegno solido alle aziende che decidono di opporsi in maniera netta ai sistemi mafiosi denunciando forme di racket e pressione sugli appalti. Seguiranno le aziende virtuose che oltre garantire annualmente la propria certificazione antimafia, si avvalgano di collaborazioni commerciali con altre imprese virtuose. Il Sud ha bisogno urgente di un piano per la difesa del suolo e per il rischio sismico, di interventi per la riqualificazione paesaggistica, ambientale e dei centri storici, di valorizzare le produzioni agricole tipiche mediterranee, di rilanciare le imprese artigianali e gli antichi mestieri radicati nel territorio, di dare impulso ai beni culturali ed al patrimonio archeologico, di sviluppare la produzione di energia da fonti rinnovabili, di promuovere uno sviluppo del turismo fondato sulle risorse del territorio, di ammodernare e potenziare le sue infrastrutture viarie (terra, mare e cielo) per favorire la mobilità e per incentivare le attività economiche. Spostiamo in questa direzione i soldi del ponte. La poderosa spinta al cambiamento proveniente dai p
aesi della sponda Sud del mediterraneo dall’Egitto alla Tunisia apre uno scenario fortemente innovativo che coinvolge tutti i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Nuove possibilità di scambi economici, di relazioni sociali, di integrazioni culturali si possono determinare. Anche per effetto della crisi internazionale, il Mediterraneo davvero può tornare ad essere centrale nel sistema dei traffici e delle attività commerciali mondiali. Il Sud rappresenta per la sua centralità il baricentro naturale del Mediterraneo e lo snodo fondamentale per i traffici e gli scambi tra l’Europa continentale ed i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Una grande occasione di riscatto che si può raggiungere se prevale una scelta di accoglienza, di integrazione, di rispetto e di tolleranza contro la politica dei respingimenti e della esclusione contro gli immigrati di impronta leghista. Questo ruolo nevralgico e di cerniera che il Sud può svolgere si pone in contrasto con una progressiva espansione degli insediamenti militari NATO sul territorio meridionale. Liberare il Sud dalle basi militari rappresenta una parola d’ordine oggi più che mai attuale proprio perché queste si stanno trasformando in veri e propri strumenti di guerra.
Riapriamo il dibattito sulla Questione meridionale e continueremo ad agitarla, a portarla avanti come bussola fondamentale della nostra azione, del nostro orientamento, del nostro progetto politico. La Questione meridionale, dunque, come questione dirimente, decisiva, da cui dipende il futuro del Mezzogiorno, il futuro dei lavoratori, il futuro dei giovani. Noi siamo un partito che ha fatto delle scelte fondamentali, ha scelto di stare dalla parte di chi vive un’ingiustizia, subisce una mortificazione, un’umiliazione, e ha bisogno di chi gli dà voce per difendere i suoi diritti, ebbene, noi siamo quella forza e proprio perché siamo quella forza, non potevamo non essere al centro e non potevamo non impegnarci direttamente anche in questa campagna di ascolto e di confronto. Noi comunisti italiani non possiamo che stare dalla parte del Sud perché, come diceva Antonio Gramsci, nella sua lezione pienamente attuale, “ il Sud è l’emblema del fallimento del capitalismo italiano”.

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