Nuovi collegi elettorali, D’Andrea: “Progetto smembra l’Irpinia”

“Il perfido progetto di cancellare l’Irpinia, intesa come provincia di Avellino, resiste e pervicacemente viene reiterato all’occasione, anche ora, in vista dei nuovi collegi elettorali da ridisegnare in previsione del cosiddetto sistema “italicum”; “occhi e menti” interessate non demordono, non si rassegnano, né si arrendono, forse puntando sull’incuria e sull’indolenza, o forse sfidando l’intelligenza e l’attenzione della comunità irpina”. E’ quanto sostiene l’esponente irpino di Italia dei Valori Aldo D’Andrea.
“Comunque sia, così strutturato, questo criterio di composizione dei collegi elettorali che va a disegnarsi, smembra l’Irpinia; una parte di essa, infatti, comprendente Avellino stesso, andrà ad accorparsi con paesi dell’area vesuviana, mentre un’altra parte, quella di Mirabella Eclano, Ariano, per esempio, finiranno con Benevento e parte del casertano – prosegue D’Andrea -. La domanda “che sorge spontanea” è: perché questo scempio geografico? Nell’accordo sul nuovo sistema elettorale in gestazione, accordo tra Partito Democratico e Forza Italia, è inconfutabilmente evidente la volontà di ridurre la provincia di Avellino al ruolo di cenerentola; lo scopo di quelle “menti” appare unicamente orientato alla sottrazione del riconoscimento di ciò che è sempre stato per l’Irpinia, e cioè del riconoscimento di area geografica bastevole al mantenimento del suo collegio provinciale, definito, per una popolazione residente che supera le 450.000 unità. Ne conseguirebbe, rispetto a ciò che è ora, se fosse così definito, che questo sistema elettorale darebbe l’effetto di sottrarre all’Irpinia una quota di rappresentanza parlamentare; i due collegi nei quali la nostra Provincia andrebbe a diluirsi , appaiono disegnati proprio perché ciò debba ineluttabilmente avvenire. Tra l’altro, appare oggettivamente difficile, per dirla tutta, trovare concordanze di stili e di tradizioni tra provincia irpina e paesi vesuviani, o tra irpini e casertani; distanze concrete, rese icastiche al pensiero di un eletto deputato o senatore di Ottaviano, o di altro paese dell’area, che si occupa di questioni interessanti le comunità di Ospedaletto, di Candida o di Atripalda, giusto per fare esempi. Difficile pensarlo, tantomeno crederlo. E così sarebbe anche per noi, da sempre poco avvezzi a conoscenze e frequentazioni di quelle comunità, se non per occasioni circostanziate. Dunque, perché allora? O questa riforma dei collegi, probabilmente deve ascriversi a gente che disegna ghirigori su una carta dei territori a casaccio, e lo fa per asineria e inappropriatezza di funzioni, oppure, all’opposto, c’è un disegno consapevole, e non può che essere quello scellerato che si dispone a cancellare l’Irpinia come provincia.
Ed ecco, infatti, nuovamente riaffiorare quello spettro della sottrazione del capoluogo, del fu tentativo subito da Avellino solo temporaneamente abortito; esso riappare ancora sullo sfondo, con la sembianza del guerriero pronto alla scempiaggine, e colpire definitivamente. Una vicenda che ebbe dell’incredibile, allora; il Sannio che non era in possesso dei requisiti minimi stabiliti dai legislatori, assumeva, di fatto, la guida di una nuova provincia, annettendosi l’Irpinia, checché fosse l’Irpinia stessa, e non viceversa, legittimamente autorizzata a mantenere l’autonomia. Giochi “romani” allora, giochi “romani” oggi. Se c’è una classe politica dirigente e responsabile, batta un colpo, anzi sbatta i pugni sui “tavoli romani”, ma lo faccia ora, o si dichiari incapace”, conclude D’Andrea.

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