Pavoncelli bis e Lioni-Grotta, Sibilia interviene alla Camera

Di seguito vi riportiamo l’intervento che il deputato cittadino del Movimento 5 Stelle, Carlo Sibilia, ha tenuto oggi alla Camera nell’ambito della discussione sul conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche, tra cui la galleria Pavoncelli bis e la bretella Lioni-Grottaminarda:
“Signor Presidente, questa legge di conversione del decreto-legge n.73 del 2014 possiamo …

Di seguito vi riportiamo l’intervento che il deputato cittadino del Movimento 5 Stelle, Carlo Sibilia, ha tenuto oggi alla Camera nell’ambito della discussione sul conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche, tra cui la galleria Pavoncelli bis e la bretella Lioni-Grottaminarda:
“Signor Presidente, questa legge di conversione del decreto-legge n.73 del 2014 possiamo definirla «legge clientela» o anche «legge truffa», ma la definizione che più mi piace è «legge delle tre carte», perché l’iter che porta a questa legge e gli effetti di questo decreto rappresentano una sorta di truffa, in primis, nei confronti dei cittadini e, poi, delle opposizioni, cioè del solo Movimento 5 Stelle. Perché dico questo? Provo a spiegarlo. Innanzitutto, quando si istituiscono i commissari, generalmente, è sempre il momento in cui la politica ha fallito: infatti è di questi giorni la notizia che si pensa che anche lo scandalo MOSE potrebbe essere gestito da un commissario. Quindi, abbiamo visto il fallimento della politica e il commissario generalmente viene istituito quando la politica non riesce a gestire nei tempi congrui un’opera: viene decretato lo stato di emergenza e si procede alla nomina di un commissario. Si pone tutto il procedimento nelle mani di un soggetto, al quale spesso è concesso di andare in deroga a delle leggi: quindi, si indeboliscono i diritti dei cittadini e il controllo democratico. Proviamo a pensare a quando ciò è successo, ad esempio: proviamo a pensare all’Expo. L’Expo è la stessa cosa: siamo arrivati in emergenza, bisognava utilizzare certi fondi. Benissimo, si nomina un commissario e questo commissario può andare in deroga: oggi abbiamo contato circa 147 normative in deroga per quanto riguarda l’Expo. Proprio in ultimo, prima degli arresti relativi all’Expo, ricordo una frase del Ministro dell’interno, Angelino Alfano, che diceva: «Questo Expo sarà mafia free» e aveva addirittura alleggerito la normativa antimafia; cosa che poi naturalmente, ha dato i risultati che tutti quanti conosciamo, cioè l’Expo si è rivelato un vero fallimento, un crogiolo di corruzione che ha dato l’esempio principale di cosa significhi anche passare per il commissario. Tante opere in Italia sono passate per il commissario, favorendo, quindi, e palesando, spesso e volentieri, un sistema di gestione in cui tutti i partiti politici, a vario titolo e in vari modi, erano coinvolti per spartirsi la torta, per rubare o, meglio, sottrarre, soldi pubblici. Questo è un fatto inconfutabile, è notizia di questi giorni, e le opere pubbliche nate in regime di corruzione, come appunto citavo il MOSE, ne sono l’ennesima riconferma. Per questo, quattro mesi fa, avevamo avuto una certa vittoria, avevamo espresso una certa soddisfazione per l’accoglimento delle nostre proposte rispetto al decreto-legge «milleproroghe», proposte che sopprimevano le proroghe di due commissariamenti. Praticamente, con questi emendamenti, noi avevamo decretato la fine del commissario del sisma del 1980, che si occupava della realizzazione della bretella Lioni-Grottaminarda, e del commissario per la costruzione della galleria «Pavoncelli-bis», esistente da più di mille giorni, quasi a voler battere il record dei record. Prima citavamo le normative per cui dicevamo che tutti i commissari, oppure questo tipo di commissari, per queste opere dovevano terminare entro il 31 dicembre 2012: bene, mille giorni di commissariamento è un record che daremo al commissario della galleria «Pavoncelli-bis», perché penso che sia forse l’unico, in Italia, ad avere questa longevità. E non in ultimo era stato anche evitato, naturalmente, un ulteriore dispendio di soldi pubblici. L’azione che noi facemmo durante l’esame di questo decreto-legge «milleproroghe» fu anche relativamente agevole, perché usammo l’arma del costruzionismo e riuscimmo anche a ragionare con il PD, che comprese le nostre ragioni e con i suoi voti, in qualità di maggioranza – quindi, il PD votò insieme al MoVimento 5 Stelle – e ponemmo insieme fine a questi commissariamenti. Quindi, insieme, avevamo capito che non era il caso di prorogare questi commissari. Infatti sarebbero dovuti cessare il 31 marzo 2014, sulla carta. Eh sì, almeno sulla carta: perché, a fine marzo, il lavoro sarebbe dovuto cessare, ma vediamo cosa succede. Come in ogni gioco delle tre carte che si rispetti, proprio la carta che hai seguito con gli occhi fino alla fine e sei sicuro di dove sia stata posizionata, al momento di mostrarsi non è quella giusta, è quella sbagliata. E tu, caro cittadino in buona fede, sei stato ancora una volta vittima di una perfetta illusione. Questo è un po’ quello che accadeva qualche anno fa, negli anni Ottanta, magari davanti alla stazione di Napoli, qualcuno dei campani se lo ricorderà: c’erano questi personaggi che abbindolavano gli avventori, facendo vedere loro queste tre carte, selezionandone una e dicendo che era la carta vincente; con un gioco illusorio delle mani, tutti seguivano quella carta, poi si scopriva che quella carta, in realtà, non era la stessa che noi avevamo seguito con gli occhi e non era quella la carta vincente; e sembrava alle volte incredibile. È quello che succede anche con questo decreto. L’illusione, infatti, si chiama proprio «decreto-legge n.73 del 2014», a firma Renzi, Lupi, Guidi, Galletti, ovvero «decreto truffa», per cui una legge votata e discussa in Parlamento, dove maggioranza e opposizione avevano trovato una giusta sintesi di buonsenso, viene stravolta, annullata e cancellata da un atto di vera e propria prepotenza da parte del Governo. Io me li immagino i vari Renzi, Lupi, Guidi e Galletti che, in Consiglio dei ministri, mentre stavano scrivendo questo decreto, si saranno detti: i commissari fanno lavorare gli amici degli amici, ci assicurano il controllo clientelare del territorio e devono restare. Ovviamente, questo è tutto frutto della mia immaginazione: sicuramente si saranno fatti delle domande diverse e ci sarà stata una discussione molto più dettagliata di quella che ho appena descritto. Quindi, questo decreto ha appunto il compito di ripristinare le funzioni dei commissari e prorogarle fino al 2016. In altri termini, noi avevamo soppresso i commissari con quel decreto insieme – Movimento 5 Stelle e PD – mentre con questo decreto del Governo Renzi si ripristinano questi stessi commissari fino al 2016. Poi siamo pronti anche a scommettere che, in un modo o nell’altro, a ridosso della scadenza si troverà un modo per prorogarli ancora ed ancora, fino all’estinzione della specie. C’è, però, da segnalare un fatto molto molto importante, un segnale veramente interessante, ossia l’atteggiamento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. All’atto dell’emissione del decreto, nei primi giorni di aprile, il Presidente della Repubblica non firma immediatamente il decreto. Chiede che sia modificato dando in qualche modo peso all’attività parlamentare svolta in corresponsabilità da tutte le forze politiche durante il «milleproroghe», cioè quello che ho appena descritto. Dunque, giustamente le indicazioni del Presidente della Repubblica vengono recepite dal Governo e il decreto viene modificato in questo modo. Il commissario per la galleria Pavoncelli-bis – sul territorio questa galleria è soprannominata la TAV dell’acqua – viene ripristinato comunque, perché evidentemente sono troppi gli interessi in gioco, tanti soldi, tanti ricatti, a cominciare da quello occupazionale, però di questo parlerò approfonditamente più tardi. Invece, il commissario per il terremoto del 1980 per la gestione della bretella Lioni-Grottaminarda viene sostituito – cito testualmente il testo originario del decreto come riportato a pagina 10, articolo 2, rigo dal 4 al 7 – «da una apposita struttura temporanea istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fino alla data di ultimazione dei relativi lavori». Quindi, in qualche modo, il commissario veniva superato da una struttura del Ministero, abbandonando così una logica che finiva per essere laboratorio di clientele e di ritardi, cioè la logica del commissario. È chiaro che non è questa, secondo noi del MoVimento 5 Stelle, la soluzione migliore possibile, ma almeno è un passo avanti che responsabilizza un intero Ministero che, almeno in teoria, è soggetto a un maggiore controllo parlamentare e, comunque, permette di superare definitivamente l’esistenza stessa del commissario al terremoto dell’Irpinia, che è stato istituito nel 1980. Stiamo parlando di un commissariamento durato 34 anni! È indecente soltanto a pensarlo. Invece, durante l’iter di questo decreto, modificato nel modo che ho descritto secondo le indicazioni del Presidente della Repubblica, lo stesso arriva in Senato e succede che le Commissioni riunite 8o e 13o, ovviamente con la contrarietà del Movimento 5 Stelle, ritengono opportuno reinserire, in maniera identica a quella precedente alle modifiche del «milleproroghe», il commissario per il terremoto del 1980 per gestire la bretella. Avete sentito bene, è proprio quello che è stato fatto. Le due Commissioni hanno deciso di ripristinare il commissario per il terremoto del 1980 per gestire il processo di ultimazione della Lioni-Grottaminarda in maniera inspiegabile e incomprensibile. Ma veramente non è così, perché una spiegazione c’è, e qui chiedo l’attenzione dei cittadini italiani tutti, soprattutto chi non sostiene il Movimento 5 stelle, per poter cogliere un’informazione in più su come ragiona chi hanno scelto – nelle more consentite dalla legge elettorale attuale – per fare le proprie scelte al Senato. Sapete con chi si sono confrontati i senatori al Senato per poter prendere questa decisione di ripristinare il commissario? Sapete a chi hanno chiesto le informazioni sul da farsi? Sapete a chi hanno posto la domanda: ma secondo lei è meglio ripristinare il commissario o toglierlo? Ebbene, non ci crederete mai: lo hanno chiesto allo stesso commissario uscente, che guarda caso sarà lo stesso commissario che subentrerà. Tutto in assoluta trasparenza, naturalmente. Non me ne voglia l’ingegnere D’Ambrosio che era, appunto, il commissario interrogato, figura sicuramente competente e valida, ma è come chiedere al lupo di Cappuccetto Rosso: «Senti lupo, ma la nonna è più al sicuro se ti diamo le chiavi di casa o no?» Cioè, è più o meno questo il meccanismo con cui i senatori si sono consultati con il commissario e il commissario ha detto: «Forse è meglio rimettere il Commissario», e il commissario sarà ripristinato. Questo è stato il processo di consultazione che hanno fatto i nostri senatori. Quindi, tutti i senatori uniti, tranne quelli del MoVimento 5 Stelle, hanno reinserito anche questo commissario. Dunque, se questo disegno di legge di conversione del decreto-legge n.73 del 12 maggio 2014, da noi soprannominato «decreto truffa», per i motivi fin qui esposti, dovesse chiudersi qui alla Camera senza modifica alcuna, sarebbe un esempio, un monumento all’inutilità del Parlamento, che anche quando trova un’intesa, quest’ultima viene superata truffaldinamente dal Governo, così come è successo nel milleproroghe. Se vengono meno, insomma, le proposte accettate da PD e MoVimento 5 Stelle nel milleproroghe viene meno anche quella che è l’utilità del Parlamento. Facciamo fare soltanto le cose al Governo ed è inutile che noi stiamo qui. Magari riusciamo a fare altri lavori sul territorio. È un monumento alla clientela, è un monumento – lasciatemelo dire – al conflitto di interessi, che ripristina delle figure chiedendo alle stesse figure se sia il caso di ripristinarle. Cioè, un paradosso! È roba da psichiatria politica, se vogliamo. Poi, un monumento allo spreco pubblico. Inoltre, un monumento al disinteresse per l’ambiente, all’incapacità di guardare ad un nuovo modello di sviluppo futuro, dove le grandi opere non trovino più spazio. Ma noi non demordiamo. Proporremo con fiducia, alla maggioranza, delle modifiche: nuovamente la soppressione dei commissari, ma se non troveremo accordo allora chiederemo di ripristinare la struttura in capo al Ministero. Certo, per noi non è la soluzione migliore, ma ci sembra un passo avanti per restituire dignità al Parlamento, riprendendo i suggerimenti del Presidente della Repubblica. Certamente, se non passassero tali proposte ci sarebbero delle serie riflessioni da fare. Non vediamo impedimento, naturalmente. Se ci viene detto, però, che questo disegno di legge non può essere modificato – evidentemente è in scadenza a luglio e ci sono tanti altri decreti da discutere -insomma ci viene anche un po’ strano allora capire la nostra utilità. Forse, invece, nelle riforme costituzionali invece di abolire il Senato oppure ridurre il Senato bisognerebbe ridurre Senato e Camera, dare la macchina in mano al Ministro, al Governo, al Primo Ministro e fargli fare tutto in tranquillità, perché noi così facendo non abbiamo nessun modo di intervenire, nonostante la nostra ratio sia quella di reinserire delle proposte fatte dal Presidente della Repubblica stesso. Quindi, ci sembra più che altro una cosa talmente ragionevole e, insomma, talmente trasversale che vediamo difficile il fatto che non si riesca a discutere almeno di questo. Io adesso vorrei invece dire due parole sulla mia terra, sull’Irpinia, perché io se sto intervenendo è perché questo è un decreto che potremmo anche ribattezzare «decreto Irpinia», dal momento che due articoli di merito su tre riguardano opere che insistono sul territorio irpino. Uno dei commissari che vengono infatti reistituiti e prorogati è quello della galleria Pavoncelli-bis, galleria alla cui costruzione ci siamo sempre opposti, come MoVimento 5 Stelle, innanzitutto per un semplice motivo: va ricordato, infatti, che si tratta di un doppione della già esistente galleria Pavoncelli, galleria che trasporta acqua dalle fonti del Sele fino alla Puglia, dove Vendola lucra grazie all’Acquedotto pugliese, in barba al referendum del 2011. Naturalmente, io invito tutti quelli che non lo avessero ancora fatto – e mi rivolgo a chi, magari, non è stato mai sul cantiere – di provare ad andarci. Io ci sono stato diverse volte a Caposele. Voi troverete una galleria gigante a fianco di un’altra galleria. Ovviamente, questa galleria gigante è in costruzione e con i vostri occhi vedrete a 50 metri di distanza – non vi dovete neanche spostare dall’ingresso del cantiere – l’altra galleria perfettamente funzionante che oggi sta dando l’acqua alla Puglia, come fa dal giorno della sua costruzione. Ci saranno stati dei problemi con il terremoto? Indubbiamente. C’è da dire, però, che dal 1980 fino al 2014 non c’è stato ancora alcun problema. Magari, avremmo potuto investire questo spazio di tempo per ristrutturare questa galleria già esistente. Quindi, la cosa più sconvolgente è, appunto, che la prima galleria funziona benissimo e si trova a 100 metri di distanza dalla nuova costruzione e che per stessa ammissione del Governo – lo dice lo stesso Governo – è di grandezza eccessiva rispetto alla portata possibile del fiume irpino. Infatti il Governo stesso il 21 giugno 2013 accoglie un nostro ordine del giorno concordando sul fatto che la portata della galleria supera i 10 mila litri al secondo, ovvero una portata che non esiste più sul luogo. Quindi, praticamente anche il Governo sa che quella galleria è sproporzionata. Stiamo costruendo, quindi, con spreco di denaro pubblico, una cosa che è sovradimensionata, quindi sostanzialmente è di un’utilità molto relativa e quindi bisogna anche riflettere sul merito dell’opera, non soltanto sul commissariamento. Quindi, c’è anche da sollevare, però, un caso strano: è il caso strano della lattescenza del fiume Sele. Infatti, pare che a ridosso delle giornate di cantiere più intense il fiume Sele, che – ricordiamo – dà acqua un po’ a tutta la Puglia – ricordiamo che l’Irpinia è uno dei bacini più grandi d’Europa per quel che concerne le forniture di acqua e le risorse idriche – assuma una colorazione lattescente, insomma una colorazione simile a quella del latte. Poi, uno o due giorni dopo il fiume torna al colore di partenza, ma sulle sponde i cittadini, anche alcuni attivisti del MoVimento 5 Stelle, rilevano una certa moria di trote. Queste trote vengono trovate con dei piccoli pezzettini di cemento all’interno delle branchie che con ogni probabilità ne causano la morte. Abbiamo denunciato più volte l’accaduto, nessuno ci sa spiegare questo fenomeno. Attendiamo ancora, da circa otto mesi a questa parte, una chiara spiegazione dell’accaduto e più di una volta abbiamo anche chiesto alle autorità competenti, come l’Arpac ad esempio. Con queste premesse, quindi, non si capisce perché al limite non sia possibile ristrutturare la vecchia galleria, anziché realizzarne un’altra nuova. Poi ci sono i dati, perché c’è la talpa, la famosa talpa, quella che serve a perforare la montagna per farci la costruzione di questa nuova galleria, che viene dalla Germania e costa la modica cifra di 18 milioni di euro. Tra l’altro, il commissario Sabatelli, del quale sicuramente non discutiamo la professionalità, intasca la bellezza di 293 mila euro l’anno, più lo 0,5 per cento sull’importo totale dei lavori. Quindi ci chiediamo se la logica di dare la provvigione ad un commissario per quanto riguarda l’importo dei lavori non sia anche un po’ controproducente, perché alla fine io posso capire la responsabilità del commissario, però si tratta sempre di gestire soldi pubblici. Quindi, io più spendo – alla fine comunque direttamente non sono soldi che ci metto io – più incasserò a livello di contratto. Quindi, evidentemente c’è anche un po’ da rivedere questa logica: prendere lo 0,25 per cento di percentuale sulle spese che faccio di soldi pubblici non so fino a che punto sia sano nell’ottica del risparmio, nell’ottica della gestione ottimizzata delle risorse. Comunque, appena approvato l’emendamento di cui dicevo prima al milleproroghe, abbiamo subito, come MoVimento 5 Stelle, un attacco trasversale e anche un po’ mistificatore. Infatti lo stesso sindaco del comune di Caposele e il consigliere delegato alla Pavoncelli-bis, tra i più grandi sostenitori dell’opera, uscivano subito con delle dichiarazioni che poi sono state prontamente riprese dai giornali. Il sindaco diceva: mi domando – in caso di chiusura naturalmente – perché uno spreco – lui stesso lo definiva così – di denaro pubblico di 20 milioni di euro, quelli consumati fino ad oggi, e che ne sarà della macchina perforatrice che è già nel cantiere. Poi mi domando come sarà ripristinato il forte impatto ambientale, quindi anche lui dice che c’è un forte impatto ambientale, che si è creato in paese se i lavori saranno sospesi. Spero che gli esponenti del MoVimento 5 Stelle avranno una risposta a queste domande, visto che da sempre fanno gli ambientalisti e sono contro la Pavoncelli-bis. La risposta, caro sindaco, caro Governo, è che in una provincia che, grazie a questa politica, non offre più niente, neanche più un futuro, neanche più un posto di lavoro, una provincia che supera il 60 per cento di disoccupazione giovanile, questa è la stessa risposta alle vostre domande. Questo è stato possibile solo grazie alle scelte scellerate fatte dal sistema creato da questi partiti politici, che per anni hanno foraggiato con soldi pubblici, tutti – alcuni operatori di informazione, i sindacati – hanno comprato il consenso con il ricatto del lavoro, non con le idee. L’hanno semplicemente comprato. Allora, questa è la risposta, la risposta di un’opera inutile che viene foraggiata con soldi pubblici, gestita da un commissario e veniamo minacciati naturalmente ogni volta in maniera velata anche dalle autorità del posto, se una maggioranza parlamentare si è creata per un emendamento che sopprimeva il commissariamento e questi sono i risultati, i risultati di una provincia che è senza futuro. E anche i sindacati, CGIL, CISL e UIL, si sono subito fatti sentire quando abbiamo approvato quell’emendamento e dicevano che, siccome viene denunciato, in particolare per quanto attiene alla Pavoncelli-bis, che, oltre al danno economico per impegni già assunti di decine e decine di milioni di euro, il perdurare del blocco potrebbe dirottare le risorse verso l’Expo della Lombardia a Milano, allora si capisce più chiaramente che il trofeo tanto decantato dell’abolizione dei commissari con il famoso emendamento 5 Stelle e Lega Nord non ha niente a che vedere né con l’abolizione dei mastodontici stipendi dei commissari, tra l’altro inesistenti – questo è quello che dicono i sindacati – né con la tutela dell’ambiente, dove tra l’altro ribadiamo come sindacato che su problemi veri abbiano fatto da sempre una bandiera dentro e fuori i luoghi di lavoro. Altro giro altra corsa, cari sindacati, quindi. In Irpinia non c’è un posto di lavoro per nessuno e poi siete quelli che il lavoro dovrebbero difenderlo: dovreste difendere i diritti dei lavoratori e nulla avete detto durante la svendita di questi diritti, operata dal job act. L’Irisbus, che tante energie collettive assorbe, dovrebbe essere vista come il totem del fallimento di un sistema di sviluppo che ha curato solo l’interesse particolare e che vi vede corresponsabili. Dite che gli stipendi dei commissari non sono mastodontici: uno prende oltre 300 mila euro, magari, l’anno o 250 mila euro l’anno, un altro 150 mila euro l’anno. Quindi, io chiedo: quanti stipendi dei lavoratori che difendete dobbiamo sommare, per avere un solo stipendio di un commissario? Sono pochi spicci? Bene, con questi pochi spicci si potrebbe procedere alla bonifica dell’amianto del sito dell’ex Isochimica, che ha già ucciso più di dieci lavoratori. Pensateci, pensiamoci tutti qui, perché forse avete anche, tra l’altro, ragione: sono solo pochi spicci nelle tasche di qualcuno, ma dall’altro lato la morte di un territorio intero, dell’intero tessuto produttivo. Io dico solo che l’Irpinia, come l’Italia, ha bisogno di un cambio culturale, lo stesso di cui, appunto, tutta l’Italia ha bisogno e non soltanto l’Irpinia. Non possiamo più lasciare che il nostro consenso venga comprato. Una volta, negli opulenti anni Ottanta, quando sull’emergenza terremoto tutti hanno magnato (in senso geco, si intende) si ottenevano benefici a lungo termine: posti di lavoro nella pubblica amministrazione a tempo indeterminato (l’Alto Calore Spa è ancora un brillante esempio), finanziamenti alle aziende e così via. Ci è andata anche bene, ma purtroppo, nel lungo periodo, abbiamo perso. Oggi ci troviamo a parlare di una terra disperata e a volte senza speranza. Ci troviamo a parlare di una terra in crisi nera, in crisi di valori e di cultura, una terra individuata come sito per discariche, per parchi eolici selvaggi, dove passano tutti gli affari e tutto si svolge nell’ignoranza e nel silenzio, dove ogni porcheria è possibile, pur di un misero stipendio ad un giovane disperato. Il 60 per cento dei giovani in Irpinia non lavora: questo è il dato della disoccupazione. L’Irpinia ha bisogno di un cambio culturale per cui i diritti non siano più scambiati per favori e che punti sulla nostra vera ricchezza: sull’agricoltura, sul paesaggio, sulla cultura e sulla salvaguardia delle risorse naturali, non sullo sfruttamento; su uno sviluppo sostenibile, nel quale potremmo essere maestri; sulle piccole e medie imprese locali, che vengano finalmente messe a sistema per favorire il consumo. Dobbiamo andare alla bottega e comprare prodotti tipici e locali. Potremmo produrre tutto: abbiamo terra, tradizioni gastronomiche invidiabili in tutta Italia e nel mondo. Produciamo vini tra i più pregiati al mondo: il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo, il Taurasi, formaggi unici. La terra è sempre stata la nostra ricchezza e su di essa dobbiamo puntare. Abbiamo decine di eventi turistici solo da comunicare. Serve investire nel marketing territoriale. I turisti di certo non verranno a vedere la galleria Pavoncelli-bis o la lattescenza del fiume Sele. Questo è il punto: andiamo ad investire su delle grandi opere che probabilmente hanno un’utilità comunque dubbia, invece di andare ad investire su quello che effettivamente potrebbe essere uno slancio di libertà, anche per quei giovani che vogliono investire nella loro terra, che ormai non ci sono più, si sono dovuti spostare, anche perché non abbiamo un’offerta culturale. Infatti, io penso anche che l’amministrazione pubblica debba solo agevolare e sostenere questo processo di sviluppo, differente, quindi creando soltanto i servizi adeguati; una rete di trasporto intelligente, non basata sul «più strade, più cemento, più auto, più benzina», ma su sul «muoversi quando serve», su un ambiente sano e salvaguardato, su un nuovo sistema scolastico, basato sulla valorizzazione della propria identità e delle proprie arti e mestieri, abbandonando questo sogno capitalistico industriale che abbiamo visto quello che ha prodotto sul territorio: niente, ha distrutto sia l’Italia sia l’Irpinia. Quindi, insomma, siamo al cospetto di un grande cambiamento culturale e la sfida sarà quella di saperlo cogliere. Saperlo cogliere significa dare spazio ad un nuovo modello. Noi del MoVimento 5 Stelle ci saremo, a partire dalle proposte fatte in questo decreto, e promuoveremo tutti i meccanismi di democrazia diretta per far sì che ogni cittadino si senta parte di questa comunità, comunità irpina, comunità italiana”.

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