Pd, lettera aperta del neo “Movimento democratico”

Pd, lettera aperta del neo “Movimento democratico”

“Care democratiche e cari democratici irpini, quando nell’estate del 2009 tesserammo al circolo PD “Martin Luther King” Beppe Grillo non eravamo certo alla ricerca di notorietà a basso costo, ma era nostra intenzione sfidare sul regolamento il gruppo dirigente nazionale del partito perché avvertivamo, dopo l’uscita di scena di Walter Veltroni, che il partito di Bersani avesse innestato la retromarcia senza accorgersi della perdita di appeal e consensi che tale operazione avrebbe comportato. I fatti alla distanza purtroppo ci hanno dato ragione. Infatti, il PD oggi non è più quel partito aperto, plurale, riformista, sinceramente democratico che Veltroni e quattro milioni di italiani avevano fondato il 14 ottobre 2007. Non è più quella comunità aperta di uomini e donne liberi, forti e coraggiosi che amano l’Italia e credono in un mondo più libero e più giusto o il partito della speranza e delle nuove generazioni, capace di iniziare una nuova narrazione politica”. Così in una nota Andrea Forgione, delegato provinciale PD e Antonio Petruzzo del circolo PD “Martin Luther King” di Paternopoli.
“Il PD è ormai il luogo prescelto dai professionisti della politica del vecchio PCI-DS, dagli aristocratici parrucconi che intendono restaurare la partitocrazia, dai burocrati della politica che, trincerandosi dietro vecchie liturgie, intendono solo continuare a garantire i loro privilegi a suon di incarichi e soldoni, mentre la società civile langue nel più completo abbandono, senza una prospettiva per il futuro.
Il PD purtroppo appare ai più come un partito conservatore perché fatica a rinnovare le sue proposte politiche e un gruppo dirigente che appare stanco, dal pensiero asfittico, come anime morte senza meta e direzione, che hanno inanellato anni di sconfitte e che nonostante più mandati parlamentari non hanno alcuna intenzione di lasciare la poltrona. In fondo questa loro tenacia nel conservare i loro privilegi è la migliore alleata del berlusconismo che, grazie a loro, continuerà a rimanere a galla nonostante la crisi e l’addio dei finiani.
Negli italiani avanza sempre più l’idea che a molti vecchi dirigenti del PD non interessa vincere le elezioni per avviare una stagione di vere riforme per il Paese ma, pur di rimanere incollati alla sedia, preferiscono perderle piuttosto che farsi da parte per fare spazio ad una nuova classe dirigente. Se non si inverte la marcia, il PD continuerà a perdere consensi. Il 34 per cento raggiunto da Veltroni nelle elezioni del 2008 si è ridotto oggi di almeno il 10 per cento, secondo tutti i sondaggi, e nonostante questo dato, si profila all’orizzonte una alleanza con una decina di partitini che vanno dal comunista Di Liberto, ai futuristi di Fini, passando per il siciliano Lombardo, per il gruppetto di Rutelli, per le ambizioni del democristiano Casini, che da noi significa De Mita, ed includendo anche la Confindustria di Montezemolo. Una grande ammucchiata di privilegiati, lontani cento miglia dai bisogni dei cittadini, che ha come unico scopo quello di farci perdere anche le prossime elezioni politiche.
Invece, in questa fase di crisi profonda del centrodestra avremmo dovuto investire sulla nostra vocazione maggioritaria sforzandoci di parlare a tutta la società civile, mettendo in campo un progetto alternativo di uomini, di idee e di governo allo sciagurato disegno berlusconiano. Ed invece la risposta alla crisi del berlusconismo è una risposta vecchia, obsoleta, incapace di risvegliare entusiasmo fra il nostro popolo e i cittadini tutti. Se a ciò si aggiunge che Bersani fa di tutto per chiudere un accordo con i possibili alleati senza ricorrere alle primarie per la scelta dei candidato premier, allora è chiaro a tutti come questo gruppo dirigente del PD, miope e confuso, pur di rimanere in sella, voglia consegnarsi nelle mani di Casini o di Montezemolo, riducendo il PD a un partito di nostalgici comunisti, succube di un centro moderato post-democristiano, proporzionalista, e asservito agli interessi dei grandi capitalisti. Ed invece questo è il tempo di aprire ai cittadini e di coinvolgerli sulle scelte future con le primarie, che sono uno strumento importante di consultazione e di democrazia. Tuttavia, le primarie oggi rappresentano anche uno strumento di igiene politica per un centrosinistra che vuole ripartire.
E’ il tempo, quindi, della partecipazione attiva della società civile; è il tempo, come dice il sindaco di Firenze, Renzi, di rottamare l’attuale gruppo dirigente senza incentivi; è il tempo di riprendere il dialogo con la gente che sta pagando un prezzo altissimo a causa della crisi e delle politiche berlusconiane. Dobbiamo rimettere in campo lo “spirito fondativo del Lingotto” per dare all’Italia una speranza di rinnovamento e cambiamento. Noi, veri democratici, crediamo che valga ancora la pena di impegnarsi per un PD nuovo, finalmente aperto e plurale, che parli alla intera società italiana un linguaggio di chiarezza senza subire le mediazioni dei vari Casini o Fini che continuano a tenere i piedi in due scarpe. Ce la possiamo fare se siamo in grado di mettere in campo una vera rivoluzione democratica, rinnovando la classe dirigente del PD e liberandola dai professionisti della politica che la occupano da più di 20 anni. Solo così il PD potrà ritrovare l’entusiasmo di migliaia di giovani, di anziani, di donne e uomini che non hanno mai smesso di sognare un partito moderno, dinamico e al passo con i tempi, in grado di organizzare un programma di riforme adeguato alle necessità dell’Italia di oggi.
Infatti, l’Italia ha bisogno di riforme soprattutto nel settore pubblico: per fare della spesa pubblica un fattore di competitività e per dotare il paese di un welfare della solidarietà e della responsabilità, che non si limiti a compensare le disuguaglianze, le marginalità, le esclusioni prodotte dallo sviluppo economico, ma nutra l’ambizione di ricostruire la cultura delle relazioni e di promuovere il rispetto della dignità e dell’unicità di ogni persona. Un welfare che promuova i diritti delle persone anche attraverso il sostegno alla famiglia e alle relazioni sociali. Uno stato sociale quindi ripensato a misura delle giovani generazioni, che contrasti la precarietà con misure di sostegno al reddito e di accompagnamento da un lavoro all’altro e con nuove regole del mercato del lavoro che abbattano l’attuale regime di apartheid tra aree di lavoratori protette e garantite ed aree prive di qualunque tutela. Un welfare che investa più risorse nella formazione, nella scuola, nell’università, nella ricerca e sappia impiegarle meglio, premiando la competenza, il merito, i risultati. Se questi sono gli obiettivi, quindi, quella che si prospetta per il PD è una vera rivoluzione democratica che per essere attuata ha bisogno di tanti giovani dirigenti che hanno le qualità per governare i processi di cambiamento.
D’altronde, i vecchi parrucconi della politica non riescono a leggere i cambiamenti della società italiana e adattarli all’azione politica. Quantunque, spetta alle giovani generazioni abbattere il vecchio sistema partendo proprio dai territori. Quindi anche in provincia di Avellino si rende necessario questo rinnovamento per abbattere le oligarchie gerontocratiche dentro il PD ed impedire la corsa a nuovi riposizionamenti affinché nulla cambi nella gestione del partito. O siamo in grado di fare questa rivoluzione oppure saremo bocciati dagli elettori, perché fra un vecchio dirigente del PD o un vecchio dirigente demitiano, gli elettori, pur di mandare a casa la vecchia classe dirigente, finiranno per scegliere una giovane candidata berlusconiana, magari anche carina ed accattivante. L’insieme di queste riflessioni ci spinge a ritenere necessaria la costituzione dell’area politica “Movimento democratico” anche a livello territoriale per superare l’attuale crisi del Partito democratico e per rilanciare il suo progetto originario di innovazione e riformismo. “Movimento democratico” vuole essere quindi uno strumento per rafforzare il consenso al Pd e il suo pluralismo, coinvolgendo soprattutto le nuove generazioni interne ed esterne al partito, tornando ad appassionare energie che si sono allontanate e rischiano di disperdersi e suscitando l’attenzione e l’interesse di settori della società italiana che la crisi politica e culturale del centrodestra ha rimesso in moto.
La nuova situazione politica che si va delineando dopo il fallimento del berlusconismo rende se possibile ancora più necessario, per il paese, un Partito democratico più grande e più forte, che voglia essere protagonista di una politica di riformismo e di innovazione. È questo il nostro obiettivo, – conclude la nota – la rivoluzione democratica che vogliamo avviare. Aiutateci a completarla.

SPOT