Regionali, Villani (PD): “36% degli aventi diritto non ha votato”

Regionali, Villani (PD): “36% degli aventi diritto non ha votato”

“Il primo dato da considerare è sistematico: in queste elezioni si è registrato il minimo storico nella partecipazione elettorale. È un sintomo chiaro della disaffezione dei cittadini al sistema politico in quanto tale, ma, anche del fallimento del bipolarismo così come è stato realizzato”. E’ quanto afferma Giovanni Villani, del Direttivo Provinciale del Partito Democratico, Coordinamento di Ariano Irpino-Valle Ufita. “Tra i due litiganti il vero sconfitto è proprio il bipolarismo. È questa, in estrema sintesi, l’interpretazione dei risultati elettorali delle regionali. Un aspetto non ci deve sfuggire: i due maggiori partititi parlano oggi di vittoria o di sconfitta, ma, possono farlo esclusivamente perché c’era in ballo l’elezione dei governatori. E questo rende l’assetto necessariamente bipolare. Ma, a ben vedere, PD e PDL hanno perso consenso a favore degli alleati: in campo nazionale la Lega e L’Italia dei Valori, in Campania e in Irpinia verso partiti che si riconoscono in un leader, favoriti anche dalla legge elettorale e dalla capacità speculare di saperla interpretare. Se facciamo un rapido calcolo, – continua Villani – possiamo dire che il 36% degli aventi diritto, ha scelto di non votare. Il primo partito è quello degli astenuti. Ma a questa percentuale vanno aggiunti anche coloro che hanno votato scheda bianca o nulla e quelli che hanno consegnato alle urne un voto fortemente arrabbiato, di rottura, come quello dato alla Lega di Bossi. Quindi, la maggioranza assoluta degli italiani si è espressa o con il non voto o con il voto dato alla Lega. Un dato di estraneità profonda rispetto al sistema partitico. Quello dato al Movimento di Grillo è un altro voto di protesta, un ulteriore sintomo del fatto che il bipolarismo all’italiana si sta rivelando un vero e proprio detonatore del populismo. Non è un caso se si stanno registrando spinte populiste in tutti gli schieramenti politici. Non c’è solo il Grillismo, c’è anche la Lega, l’Italia dei Valori e, poi, c’è Nichi Vendola che adotta uno stile antipartitico e vince. Ora De Luca in Campania che fa registrare sortite che sfruttano situazioni locali, di tipico plagismo politico, senza alcuna originalità ed intuizione. Queste consultazioni ci dicono chiaramente che ad ottenere consensi è sempre più l’antipolitica. Poi, certo, il movimento di Grillo è una cosa deteriore, tra le varie forme di antipolitica la più insopportabile. Non possiamo non parlare della Lega: un partito identitario e radicato sul territorio. È, dunque, la vittoria del partito strutturato rispetto al tanto sbandierato partito liquido. La Lega è il territorio che si auto organizza, è una risposta concreta all’esaltazione del leaderismo. Il Carroccio non possiede televisioni, ha un leader che non può neanche parlare in tv per motivi di salute ma continua a conservare intatto il suo carisma verso il suo elettorato. La Lega risponde con una risorsa concreta: l’organizzazione territoriale. Lo stesso vale per la Destra. Non è vero che è assente sul territorio. Nel Lazio, ad esempio, è nelle provincie che ha vinto, perché lì la Destra è radicata, è presente, in provincia si è formata una classe politica di ricambio che ha molte risorse. Il Partito Democratico deve ricostruire questo profilo di partito radicato sul territorio e rimettere in piedi una seria strategia di alleanze che in queste elezioni è evidentemente fallita. Perché mentre il Centro – Destra si presenta come un blocco elettorale unito e con uno schieramento ben riconoscibile in tutto il paese, il Centro – Sinistra, anche per colpa dell’UDC, non era presente con la stessa fisionomia in tutte le regioni. Questa è una delle ragioni della sconfitta. Confido in una crisi virtuosa non nello sfacelo. Chiarire la nostra identità, ripristinare un’idea di partito, un baricentro degli interessi di riferimento da privilegiare: dal lavoro, alle imprese, al sociale. Altrimenti, prevarrà lo spopolamento. Abbiamo bisogno di declinare, anche in maniera didattica, quali sono i valori della nostra identità che cosa intendiamo per radicamento territoriale. Siamo già un post partito formato da una sommatoria di interessi e culture in conflitto. I Sindaci non sono la massima rappresentazione di un partito sul territorio? Chi più di loro può rappresentare le problematiche dei cittadini nell’ambito di appartenenza? Perché da noi e specialmente nell’area Ariano – Valle Ufita non hanno riportato risultati elettorali positivi nonostante il governo della Comunità montana e il Piano di Zona Sociale? Sappiamo tutti, purtroppo, che la gestione di questi enti rappresentano il frutto di accordi trasversali tra i partiti politici. I risultati elettorali in alcuni comuni che sono appannaggio esclusivo del Partito Democratico perché retti da amministrazioni di Centro – Sinistra non hanno prodotto, all’indomani delle elezioni, che modestissimi risultati – in alcuni di questi comuni il PD non ha totalizzato nemmeno venti voti di lista. Eppure molti di questi Sindaci occupano posti di rilievo non solo in enti importanti sul territorio ma rappresentano anche parte della classe dirigente del PD a livello provinciale. Abbiamo urgenza di fare chiarezza, abbiamo il dovere di definire e collocare con trasparenza e onestà i punti cardine della nostra azione politica e attraversare in fretta il fiume di ambiguità che si è frapposto fra il fare politica vera e l’interesse di pochi tesi solo ad occupare i rami bassi di enti e sotto enti generando una burocrazia parossistica”.

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