Territori e nuove generazioni: che l’Irpinia salvi l’Irpinia

A seguire vi proponiamo la nota integrale redatta da Maria Renna del Coordinamento Territori e nuove generazioni del Partito Democratico: “È noto a tutti che il presidio F.M.A., negli anni, ha deformato i progetti di sviluppo industriale del complesso di Pianodardine, favorendo, sull’onda degli accattivanti incentivi per il Sud a favore delle PMI, l’impiantarsi di numerose aziende satellite vincolate mortalmente a questo colosso dell’economia irpina. In mesi di tensioni, mediazioni e proteste, a farne le spese, oltre a molti dipendenti diretti della FMA, anche le economie di queste piccole realtà imprenditoriali collegate. E’ il caso della L.M.P., azienda di lavorazione meccanica complessa, che il 15 marzo, a seguito del fallimento delle trattative tra sindacati, regione e i manager aziendali, ha deciso di mettere in liquidazione l’azienda. Ulteriori 45 unità perdono la loro fonte di reddito aggravando la già decadente condizione economica e sociale del territorio. L’amarezza e il disappunto dei dipendenti deriva dal dubbio lecito sulla qualità delle scelte operate negli anni dall’azienda, che non ha dimostrato di aver perseguito alcuna iniziativa di riconversione e di armonizzazione rispetto alle esigenze del mercato in mutazione. Assistiamo ormai attoniti ogni giorno allo sgretolarsi di un castello di carte costruito in periodi di benessere economico globale e che nello specchio dei ricordi tradisce gli interrogativi di scelte mai operate fino in fondo circa il percorso evolutivo della nostra realtà territoriale. Per comprendere meglio ciò che accade bisogna puntualizzare che la vitalità di un distretto industriale è strettamente collegata ad alcuni elementi fondamentali come il reperimento e l’approvvigionamento di materie prime, come l’energia, che ha offerto ostacoli non trascurabili rispetto alla competitività commerciale delle nostre produzioni; e i trasporti che rappresentato un handicap rispetto al Nord, che vantano condizioni più vantaggiose ai fini dell’import/export. Quali dunque le motivazioni reali che hanno sostenuto finora la necessità di incentivare lo sviluppo meramente industriale del nostro tessuto socio economico? Senz’altro le misure a favore del Sud hanno inaugurato un’era non eterna di connubi e sviluppi deformi per la nostra economia che si è lasciata incantare dalla chimera del settore industriale. Abbiamo lasciato che la regia politica del nostro territorio ignorasse completamente la necessità di fornire linee guida territoriali secondo un piano di sviluppo economico compatibile, abbiamo lasciato all’industrializzazione la possibilità di macchiare i nostri paesaggi, abbiamo lasciato che la vocazione delle nostre genti venisse sovrascritta con competenze e professionalità non facilmente riconvertibili allorché l’industria non rappresenta più una fonte certa di benessere economico. In un Irpinia in cui nessuno ha saputo corrispondere alle attese di sviluppo dei territori, all’affarismo economico, alla piaga della disoccupazione e al degrado sociale, dobbiamo far nascere un nuovo progetto di sviluppo sostenibile, che si faccia interprete di un profondo cambiamento di rotta. Emerge prepotente il bisogno di una nuova politica industriale,che ha il compito di cercare strade capaci di elaborare strategie nuove e competitive, qualificando la rete dei servizi alle imprese; investendo le risorse in pochi ma grandi progetti di infrastrutturazione; recuperandole risorse umane qualificate e soprattutto scommettendo sui giovani,risorsa preziosa del Mezzogiorno, per dare loro vere opportunità di accrescimento professionale e di inserimento lavorativo. E’ giunto il momento di reagire, prima che sia troppo tardi prevedendo una riorganizzazione radicale degli investimenti secondo progetti di riqualificazione economica ad ampio spettro, che tengano conto del patrimonio rinnovabile offerto dal mondo dell’agricoltura e del turismo, settori per troppo tempo trascurati e offuscati a favore di un mercato che ha privilegiato i pochi a spesa dei molti. Per ora tutto è fermo. Nell’attesa che questa crisi economica, sociale e politica diventi un’occasione migliorativa per il Sud, impegniamoci a far sì che il Mezzogiorno diventi protagonista di questo riscatto, scuotendo chi ancora non vede o non ha il coraggio di affrontare la realtà e quanti aspettano che una soluzione venga dall’alto”.

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