Carlo Mazzone e la sigaretta spenta in faccia ad Avellino

Carlo Mazzone e la sigaretta spenta in faccia ad Avellino

AVELLINOCarlo Mazzone ci ha lasciato. All’età di 86 anni il tecnico romano lascia un vuoto incolmabile nel panorama calcistico italiano. Da Francesco Totti a Roberto Baggio. Da Guardiola a De Zerbi. Sono tanti i campioni – sia in campo che in panchina – scoperti da Carletto. Un allenatore eccentrico, eclettico, sbarazzino. Come dimenticare la famosa corsa sotto il settore ospiti in un accesissimo Atalanta-Brescia terminato tre a tre. Eppure, c’è un episodio che tanti tifosi dell’Avellino ricorderanno legato a Carlo Mazzone.

Era la decima giornata dal campionato di Serie A 1983-1984. In un Partenio-lombardi al limite della praticabilità si affrontano Avellino ed Ascoli. Il momento e gli umori delle due formazioni sono diametralmente opposti. I marchigiani vengono da un momento positivo e sono a quota 17 punti in classifica. L’Avellino, invece, è ad un passo da baratro. Sono appena 10 i punti in classifica. Appena due in più del Catania ultima. La vittoria, che manca addirittura da 10 giornate, sembra un miraggio.

Nonostante gli sfavori del pronostico, è l’Avellino a spuntarla con la prima rete in Serie A di Nando De Napoli e la rete di Ramon Diaz che fissano il risultato finale sul due a uno per i biancoverdi. I lupi tornano alla vittoria dopo tre mesi ma il post-gara è infuocato. Carlo Mazzone è furioso non tanto per la sconfitta, quanto per un’aggressione avvenuta tra il primo e il secondo tempo.

«Ho incontrato Di Somma all’imbocco del sottopassaggio mentre rientravo in campo dopo l’intervallo – dichiarò Mazzone –. Lui mi ha apostrofato in malo modo. Io, dal canto mio, non sono restato con la bocca chiusa. Gli ho fatto presente che c’è un regolamento da rispettare e un arbitro. Di Somma ha continuato e mentre stavamo discutendo, una delle persone che si trovavano insieme a lui mi si è avvicinata e mi ha spento la sigaretta in faccia»

Insomma, erano gli anni della Legge del Partenio, quella vera e, come ammesso dallo stesso Mazzone qualche anno dopo, «Ad Avellino nel sottopassaggio spegnevano la luce e ti menavano proprio».

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