Chiusano San Domenico, sequestrata area di cava: tre persone indagate, sequestrati beni per 12 milioni di euro

I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Salerno congiuntamente al Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale di Avellino, coordinati dal Comando Provinciale Carabinieri di Avellino, hanno dato esecuzione all’Ordinanza di applicazione di misura cautelare reale con cui è stato disposto il sequestro preventivo dell’intera area di cava ubicata a Chiusano San Domenico, località Belvedere, che con un’estensione di 86.000 mq, compresa di tutte le attrezzature e macchinari (impianto di frantumazione, selezione e vagliatura inerti; impianto per la produzione di calcestruzzi; escavatori, pale gommate, autocarri, edifici, capannoni) oltre ad autocarri, rimorchi, trattori stradali di proprietà di una nota società con sede legale in Atripalda operante nel settore edilizio e di movimento terra.

Il valore dei beni in sequestro è quantificato in 12 milioni di euro circa.

La misura cautelare è stata emessa dal GIP del Tribunale di Napoli nell’ambito di procedimento iscritto presso la locale DDA che ha coordinato le indagini nei confronti, tra gli altri, di 3 soggetti destinatari della misura, ritenuti gravemente indiziati dell’ipotesi delittuosa di traffico illecito di rifiuti prevista dalla normativa ambientale.

Nel corso delle investigazioni è emerso che gli indagati, in un arco temporale riferito agli ultimi quattro anni, attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, al fine di conseguire ingiusti profitti, hanno effettuato la gestione abusiva di ingenti quantità di rifiuti speciali non pericolosi (CER 170504 – terre e rocce da scavo) illecitamente trattati, stimata in oltre 55.000 tonnellate, mediante operazioni di recupero effettuate presso l’area di cava in sequestro, in assenza della prescritta iscrizione e/o autorizzazione, riportando in maniera fraudolenta sui Formulari di Identificazione dei Rifiuti un titolo autorizzativo inefficace, valido per le sole attività estrattive e di ricomposizione ambientale.  

L’illecita attività ha determinato il conseguimento di rilevati ed indebiti profitti sia per i gestori della cava che per numerose società conferenti.

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