Cnpr Forum, appello per politiche di sviluppo e tutela dei salari

Ci siamo sempre opposti alle politiche austeritarie della Bce e al nuovo Patto di Stabilità, che il governo Meloni ha invece accettato supinamente. Servono politiche espansive e anticicliche. Siamo stati sempre favorevoli all’emissione di debito comune europeo ‘permanente’ e il Pnrr è la dimostrazione. Contro l’inflazione ‘da offerta’ serve sostenere la produttività e soprattutto garantire la ‘piena occupazione’ per contrastare la povertà anche salariale”.
Lo ha dichiarato il senatore Mario Turco, vicepresidente nazionale del M5s, nel corso del Cnpr forum “Taglio dei tassi e politiche di sostegno: l’impatto su mutui e imprese”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“I timidi segnali di riduzione dei tassi della Bce continueranno solo a favorire il sistema bancario e il mercato delle rendite. Contro la speculazione finanziaria e gli extra-profitti chiediamo da tempo l’introduzione di una ‘equa’ tassazione. Il governo Meloni, dopo averla annunciata, addirittura al 40%, non è stato conseguenziale e la tassazione è diventata una ‘tassa fantasma’. La prossima legge di bilancio sarà ancora lacrime e sangue. Saranno ancora fortemente penalizzati salari, pensioni e servizi pubblici, tra cui la sanità pubblica”.
Di ripresa tangibile ha parlato Alessandro Colucci (Noi Moderati), segretario di Presidenza della Camera dei Deputati: “Non c’è dubbio che il taglio dei tassi della Bce sia un segnale molto positivo per le famiglie e per le imprese. Vuol dire che il costo del danaro cala e quindi le famiglie sono certamente incentivate ad acquistare immobili e abitazioni e le imprese hanno la possibilità di investire senza avere una zavorra sul costo del lavoro che rischia di scoraggiarli o di far cambiare le strategie industriali. Il nostro Paese sta vivendo una fase in Europa migliore rispetto ad altre nazioni. È un momento sicuramente straordinario, e noi puntiamo sempre sul sostegno alle imprese e alle famiglie. Il taglio del costo del danaro è immediatamente applicato dalle banche, ma altre misure arriveranno a breve con la Finanziaria. Le risorse a nostra disposizione sono poche perché purtroppo il 110% ha appesantito i bilanci successivi. Si dovrà tener conto degli indici che possono come dire alleggerire il nostro debito evitando le risorse a pioggia, uno strumento che non ci piace. Meglio sostenere la natalità aiutando le famiglie, abbattendo il costo del lavoro con il taglio del cuneo fiscale che permette ai redditi fino a 36mila euro un guadagno in più in busta paga di 100€ al mese”.
Critico Marco Grimaldi, parlamentare di AVS in Commissione Bilancio a Montecitorio: “Occorrono soprattutto misure a tutela dei salari, dell’accesso alla casa e di rafforzamento del welfare. Nel 2023 il reddito disponibile reale lordo delle famiglie è calato a fronte di una ingente crescita di quello medio dell’Unione europea. L’andamento dei redditi non solo è deludente, perché i salari reali sono stati erosi dall’inflazione. Basta vedere i nostri contratti collettivi nazionali, a partire da quelli maggiormente rappresentativi firmati dalle più grandi organizzazioni sindacali. Non basta intervenire solo sul cuneo fiscale e guardare la spinta inflazionistica perché le origini di questa crisi sono molto più lontane. L’Italia è l’unico Paese sviluppato dove i salari reali non sono cresciuti negli ultimi trent’anni. La prossima legge di bilancio parte già con un fardello di almeno 23 miliardi, perché oltre i dodici della correzione imposta dal nuovo patto di stabilità vanno di sicuro aggiunti 10 miliardi per il taglio del cuneo fiscale e in più ci sono anche gli scaglioni Irpef. Servono investimenti e spesa fiscale comune. Le politiche ispirate al pareggio di bilancio servono solo a rassicurare i paesi cosiddetti frugali, ma con lo sviluppo non hanno nulla a che fare”.
Scenari positivi all’orizzonte per Alessandro Cattaneo, deputato di Forza Italia in Commissione Politiche dell’Unione Europea: “L’abbassamento dei tassi segna un’inversione di rotta e adesso bisogna andare avanti su questa strada. Il costo del denaro più basso significa benefici per i mutui delle famiglie, dei giovani e tante imprese che devono accedere al credito. Un Paese che è fortemente indebitato come il nostro paga decine e decine di miliardi sugli interessi e ogni taglio dà dei benefici rilevanti. C’è ancora molto timore negli istituti europei che l’inflazione possa non essere sotto controllo. In Italia abbiamo un tasso inflattivo tra i più bassi. Il più grande beneficio che oggi ha l’Italia rispetto agli investitori esteri è la sua credibilità e affidabilità. C’è un governo stabile con una prospettiva di tre anni. Guardate l’incertezza in cui oggi sono immerse la Francia e la Germania. Situazione difficile anche in Spagna e Olanda. L’Italia con Raffaele Fitto ha un vice presidente esecutivo europeo di ‘peso’, ulteriore motivo per essere ottimisti. Il futuro dell’Italia sta nell’Europa e noi come Forza Italia, da sempre europeisti convinti, siamo orgogliosi che in qualche modo portiamo questa bandiera con ancora maggiore responsabilità”.
Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Elisabetta Polentini, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Roma: “Emerge sempre più la necessità di far ripartire l’economia attraverso politiche di sostegno alle imprese e alle famiglie. Assistiamo con favore ai primi provvedimenti adottati dalla Bce che inizia a ridurre i tassi, ma serve adesso promuovere in maniera spinta la produzione facendo attenzione a salvaguardare la precaria economia delle famiglie italiane. Come professionisti siamo pronti a fare la nostra parte, in quanto ‘trait d’union’ tra governo del Paese, cittadini e imprese”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili): “Ho sentito parlare di tassi di interesse, vantaggi per i cittadini e per le imprese, ma anche di banche. A dire il vero i profitti degli istituti di credito sono triplicati. E allora, se il rialzo dei tassi di interesse serve a comprimere gli effetti dell’inflazione, anzi a far sì che l’inflazione non cresca, è altrettanto vero che non deve e non può servire per moltiplicare per tre, o addirittura per cinque in alcuni casi, i profitti delle banche che hanno alzato i tassi nei confronti della clientela, ricavando margini sempre più elevati nella forbice dei tassi di interesse. Le politiche di stabilità, in realtà, hanno dimenticato lo sviluppo. E mi sembra che sia venuto il momento di adottare politiche espansive in maniera diretta, perché il risultato di più di vent’anni di politiche di stabilità non si è rivelato altro che inflazione bassa. Quindi occorrerebbe una svolta verso l’espansione dell’economia che non badi soltanto al rigore dei conti”.

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