Per una strana coincidenza due dei candidati sindaco di Avellino provengono dalla vicina Mercogliano, città nella quale peraltro entrambi hanno provato senza successo a diventare amministratori. Ancora più singolare il fatto che dopo la rinuncia dell’avvocato Benny, De Maio Maurizio Petracca abbia pensato di potere dare vita ad un campo largo formato maxi, ipotizzando di sostenere attraverso una riedizione del patto civico del 2003 proprio il nome del giornalista Rino Genovese, proposto dal centrodestra (al netto ovviamente di chi come Livio Petitto e Angelo d’Agostino ha già ribadito di votare per il sindaco uscente). L’ipotesi Genovese a via Tagliamento è durata meno di 48 ore nella scorsa settimana, mentre rimane in campo quella che da lunedì scorso conduce sempre a Mercogliano, ma al nome del direttore dell’istituto zooprofilattico del Mezzogiorno.
Ieri sera, nel corso della riunione del tavolo del centrosinistra si sono levate diverse critiche, quasi dei veri e propri no, sul nome di Antonio Limone. Soprattutto da parte di Maurizio Petracca e di Generoso Picone, che hanno rivendicato per il tavolo del centrosinistra irpino il diritto a scegliere il candidato sindaco. Il timore infatti è quello di subire la scelta del nome che potrebbe essere se non imposta quantomeno fortemente auspicata da Napoli (Manfredi) e soprattutto da Salerno (De Luca). Non è un mistero, anzi, che il manager di Mercogliano vanti rapporti personali ed istituzionali solidi con il sindaco di Napoli e con il presidente della regione Campania. Entrambi hanno già manifestato apprezzamento per l’ipotesi della sua candidatura, evidenziando come in caso di vittoria la città di Avellino potrebbe uscire dall’isolamento politico e amministrativo nella quale è stata relegata negli ultimi anni. E questo permetterebbe allo stesso Partito democratico, ai suoi dirigenti irpini in particolare, di consolidarsi ulteriormente.
L’apprezzamento per Limone è pronto a divenire sostegno esplicito sul fronte politico in caso di necessità, se proprio ad Avellino ci fossero troppe resistenze, soprattutto nel Partito democratico, che a questo punto sembra avere poco tempo, ma soprattutto pochi nomi come alternativa. A meno di non dovere fare ricorso all’ipotesi che nessuno vuole, quella delle primarie.