La scrittrice di origini irpine Raffaela Vallese, dopo la fortunata raccolta poetica dal titolo “Le tre lune“, per la prima volta utilizza come forma espressiva quella della prosa, dando alle stampe un nuovo volume. “Il rovo dove colsi la rosa”, questo il titolo del libro, è infatti un romanzo, composto da undici racconti brevi che ruotano intorno ai macro-temi dell’amore e del tempo dell’esistenza. Non mancano, inoltre, richiami alla poesia: ogni racconto, infatti, è accompagnato da un componimento in versi inedito. Dunque un’opera eclettica, capace cioè di svilupparsi attraverso vesti e registri diversi, così come cangianti e multiformi sono le vite dei protagonisti di ogni storia che essa racconta.
Questi, i protagonisti, ripercorrono il proprio vissuto e, nel raccontarsi, rivelano allo stesso tempo il sentire e i ricordi della loro creatrice. “Il rovo dove colsi la rosa” è perciò uno scritto autobiografico, attraverso il quale la Vallese sceglie di aprire degli spiragli sulla propria vita, così da rivelarsi al lettore e creare con esso un filo empatico diretto. Una vera e propria esigenza, quella provata dall’autrice, scaturita dalla voglia di condividere momenti fondamentali del passato, siano essi di estrema felicità o di estrema disperazione. Un percorso di rivelazione agli altri ma prima di tutto a se stessa.
Già il titolo, e con esso l’immagine scelta per la copertina, ne racchiude il senso: il rovo, così, rappresenta l’esistenza, il groviglio cerebrale degli stati d’animo e delle emozioni; in esso, spinto dalla forza vitale, si fa spazio per fiorivi la rosa, come metafora di bellezza, gioia e illuminazione. Cogliere la rosa, perciò, è giungere alla consapevolezza, abbracciare con una ritrovata armonia il mondo esterno e quello interiore.
Raffaela Vallese ha vissuto la prima parte della sua vita ad Avellino, città nella quale si è formata, con studi classici, per poi laurearsi in Giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Dopo esperienze professionali in campo legale e imprenditoriale, ha deciso di trasferirsi in Umbria, seguendo un intimo impulso al cambiamento. Lì oggi si dedica alla sue grandi passioni, tra cui, per l’appunto, la scrittura. Grazie alla sua ottima penna ha vinto molti concorsi letterari. Tra gli ultimi, il Premio nazionale di poesia di Lucito (CB) con la poesia “Preghiera”.
L’intervista all’autrice
Cosa l’ha spinta a realizzare “Il rovo dove colsi la rosa”?
«In realtà accarezzo l’idea di scrivere un romanzo da almeno vent’anni, da quando mi sono trasferita in Umbria. All’epoca cominciai ad abbozzarlo, ma a un certo punto dovetti fermarmi, perché mi ero resa conto che stavo scavando troppo nel mio intimo e, in quel momento, non mi sentivo abbastanza pronta. Tuttavia avevo in mente già un titolo ed è proprio quello che adesso dà il nome a questo libro, che finalmente ha visto la luce».
Qual è il processo creativo alla base di questo romanzo?
«Sia per la poesia che per la prosa la mia è una scrittura di getto. In essa, cioè, trasferisco quello che sento d’impulso. Naturalmente in un secondo momento apporto delle correzioni, ma solamente di natura grammaticale, senza modificare i pensieri. Questi undici racconti, ad esempio, li ho scritti in pochissimo tempo, seguendo il flusso dell’ispirazione. Tra l’altro io ho sempre scritto con carta e penna, non sono passata ai mezzi digitali. Il rumore della penna che scorre sul foglio mi regala un piacere enorme ed è una sensazione che non voglio perdere».
Affrontare il viaggio interiore della scrittura ha avuto benefici sulla sua vita?
«Assolutamente sì, quasi come se fossi andata da uno psicoterapeuta. Sono riuscita, come dire, a sdoppiarmi, vedendo le cose da una doppia prospettiva. Sono stata, al tempo stesso, protagonista e spettatrice. Così, scrivendo, ho potuto liberarmi da alcuni dubbi e paure. Certo non totalmente, perché sarebbe stato impossibile, ma di sicuro sento che il peso che mi porto dentro si è alleggerito».
Quale spera che sarà la reazione del pubblico ai suoi scritti?
«L’aspirazione più alta che posso avere è quella di essere letta, criticata e, soprattutto, capita. Voglio che la gente sappia come sono, perché anche se in questo libro utilizzo spesso metafore e allegorie, c’è tutto il mio sentire e nessuna falsità. Perciò affido ai lettori, con grande umiltà, questa mia creatura, sperando di regalare un po’ dei miei pensieri, delle mie paure, dei miei sogni e del mio animo».