Il triste primato di Avellino

Un gravissimo attentato di chiara natura malavitosa compiuto ai danni di una impresa di trasporti, seguito da una sparatoria che aveva probabilmente l’obiettivo di uccidere un giovane pregiudicato. Sono gli ultimi due eclatanti fatti di cronaca accaduti a poca distanza di giorni e di luoghi tra la zona industriale e la periferia di Avellino. Scenario che conferma il livello di pericolosità che ha raggiunto la malavita organizzata anche nella città capoluogo, nonostante le operazioni anticamorra condotte negli ultimi anni. In particolare l’agguato computo tra San Tommaso e rione Quattrograna dimostra che la città di Avellino è il teatro di una vera e propria guerra fra gruppi di giovani criminali disposti a tutto per conquistare il dominio del territorio, imponendo le tipiche attività camorristiche come lo spaccio di droga e il racket delle estorsioni. I tentativi di omicidio commessi in pieno giorno tra Avellino e i comuni limitrofi negli ultimi mesi solo per puro caso non hanno provocato morti, né fra le vittime designate, né fra innocenti. Anche gli arresti compiuti evidentemente non hanno scalfito una organizzazione criminale che evidentemente è molto più forte di quanto si possa pensare: uno scenario che almeno nel suo grado di rischio è del tutto simile a quello napoletano ma purtroppo molto meno considerato dalle istituzioni.
Eppure la reazione della città è del tutto assente: un clima di rassegnazione, peggio ancora di assuefazione caratterizza i cittadini, le associazioni e le forze politiche. Nessun amministratore, a cominciare dal sindaco Festa, dagli esponenti della opposizione, dai parlamentari nazionali e regionali (Avellino dovrebbe ancora potere contare sulla presenza di un sottosegretario all’Interno) ha pensato di dovere esprimere almeno una dichiarazione di facciata. Parlare di camorra non è facile né bello. Ma continuare a evitare di guardare in faccia alla realtà sta inesorabilmente aggravando la situazione.

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