La sentenza di condanna è stata emessa oggi nel primo pomeriggio: l’ex sindaco Gianluca Festa è colpevole di aver diffamato il presidente dell’ordine degli architetti di Avellino Erminio Petecca. Per questa ragione il giudice ha stabilito che dovrà pagare alla persona offesa 12mila euro di risarcimento, oltre a 4mila e rotti euro per le spese di difesa e processuali
I fatti risalgono al maggio 2021, quando l’allora sindaco Festa riversò contro Petecca tutta la rabbia per aver dovuto rinunciare all’architetto Fuksas per la ristrutturazione della Dogana. ⁹
Tre anni e mezzo fa, quella diatriba tra Petecca e il sindaco Festa imperversò per giorni e giorni nelle cronache locali. L’Anac aveva per due volte giudicato irregolare la procedure seguita dall’amministrazione comunale per affidare i lavori della Dogana all’architetto di fama internazionale. E di fronte al polverone sollevato sui media fu lo stesso Fuksas a rinunciare al progetto, scatenando quindi le ire del sindaco, durante una diretta Facebook, contro chi gli aveva rovinato i piani: “Dovette fare marcia indietro ed esternò tutta la sua furia nei miei confronti – ricorda oggi Petecca – e lo fece con ingiurie e diffamazioni. Riportò voci di presunte terze persone che mi avrebbero chiamato architetto-fetecchia o cose simili, e oggi il giudice lo ha condannato, spiegando che pure se il sindaco avesse realmente sentito quelle frasi pronunciate da altri, non poteva ripeterle. Per me questa è una grande soddisfazione, perché ho agito in rappresentanza di una categoria”. La sentenza è stata emessa dal giudice Gianfranco Cardinale, della prima sezione civile del tribunale di Avellino. Petecca era rappresentato in Aula dall’avvocato Ermanno Salvatore, mentre l’ex sindaco era difeso dall’avvocato Angelo Maietta.
“Questo è un grande risultato contro un modo di fare le politica che scimmiotta l’avanspettacolo, dove si possono offendere le persone senza dover dare conto a nessuno… Invece io mi sono sentito offeso e il giudice mi ha dato ragione. Decisi di rivolgermi alla giustizia perché quella sua diretta Facebook non era ingiuriosa solo nei miei confronti, ma di una intera comunità di professionisti di cui ero rappresentante. Mi sono sentito in dovere di portarlo in tribunale. L’ho fatto per tutelare la mia categoria. Ed è stata una grande soddisfazione. Una rivincita contro l’arroganza del potere”.