La denuncia: Se anche i proiettili non squarciano il silenzio di una città

Francesco Iandolo, Consigliere Comunale di Avellino, ci ha fatto pervenire la seguente riflessione che volentieri pubblichiamo.

Si tratta di una denuncia pubblica attraverso cui vengono evidenziati i problemi di un capoluogo di provincia come Avellino dove è finito il tempo della tranquillità e dell’isola felice degli anni passatiu.

Una denuncia che chiama in causa anche le forze dell’ordine e i responsabili della sicurezza pubblica.

Da tempo la criminalità comune e la criminalità organizzata attraversano le strade delle città in un confine che si è fatto sempre più labile.
Le armi da fuoco, come quella utilizzata nell’episodio della scorsa notte in pieno centro città, sono solo uno dei campanelli di allarme e segnalano uno scenario preoccupante dove una serata di festa e che invece si è trasformata in un teatro di una di una violenza che non riusciamo più a capire e che forse non vogliamo nemmeno provare a spiegarci e che solo perché, per fortuna, non ci sono state conseguenze peggiori, possiamo minimizzare.
Non spetta a noi capire se quanto avvenuto fosse solo un gesto intimidatorio o qualcosa di più grave, ma poco importa perché da tempo abbiamo smesso di indignarci di fronte a una violenza sempre maggiore che non trova una reazione decisa nelle azioni della politica e delle istituzioni che nicchiano di fronte a questi episodi e si limitano a litanie che non producono effetti.
Dove è finito l’impegno per una rinnovata coscienza civile? Nello stesso cassetto dove è chiusa da oltre un anno e mezzo la richiesta di adesione ad Avviso Pubblico, la rete degli enti locali che non è solo contro la criminalità organizzata ma che lavora ad alimentare quel tessuto sociale e quella rete sociale che ha bisogno di cure e impegno quotidiano?
Non è più il momento di aspettare, di cercare giustificazioni a episodi che non sono degni di nessun paese civile, che nessuno vorrebbe leggere sulle cronache e che no, non possono essere derubricati a questioni che non ci riguardano.
Quei proiettili, come tanti altri sparati indisturbati negli ultimi mesi e negli ultimi anni nella nostra città e che avrebbero dovuto squarciare quel silenzio dietro cui si sono trincerati troppi ci devono richiamare a un nuovo patto educativo tra politica, istituzioni e corpi intermedi.
Dobbiamo alzare il livello di partecipazione e di impegno. Devono convincerci che bisogna tornare a fare Politica nelle piazze, nei quartieri, nei luoghi chiusi e abbandonati perché è li che tutte le volte che chiudiamo la porta di una struttura, invece che aprirla, la comunità arretra invece di crescere.

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