Lo stile dell’Avellino dei Dilettanti: presuntuoso, supponente e inconcludente

C’era pure Gianandrea De Cesare a Colleferro, con il suo codazzo di leccapiedi dall’atteggiamento tronfio durante la partita pareggiata 1-1 dall’Avellino.

Sono quelli che aiutano il patron a sbagliare, a fargli fare “fijurelle”.

Tanto loro hanno poco da perdere perchè a mettere la faccia (e forse pure i soldi) è il loro amico Gianandrea.

Il quale non s’è ancora reso conto di una cosa: quei fidi accompagnatori, sicuramente personaggi di alto profilo nelle rispettive attività professionali, di calcio capiscono un emerito tubo.

Lo hanno dimostrato.

Dovreste sentirli parlare di calcio… roba da utilizzare la famosa cazzuola con la calce a presa rapida.

COMPETENZE

Magari s’illudono di potere essere pure dirigenti sportivi  ma devono mangiare chissà quanto altro pane per fare esperienza.

Dovevate vederli e sentirli negli spogliatoi, poi, con il atteggiamento contrito, parlare a bassa voce fome si fa a un funerale.

Salvo a mandare qualche messaggio cifrato.

Ad esempio nei confronti di arbitro e guardalinee senza sapere (non è gente di calcio…) che Scarpa Eugenio e Giordano Aniello, pure essendo “paesani” nostri, non possono inventare rigori o mettere loro la palla dentro per nascondere le magagne di una squadra priva di personalità (leggasi: palle…gol)

VALORE

Questa squadra è la terza di tutta la serie D per valore dei suoi elementi: 2,3 milioni di euro, complessivamente, dopo Bari e Cesena.

Il valore però è solo sulla carta perchè in campo non si nota.

Gioca con supponenza, in modo presuntuoso, diventando irritante e inconcludente.

Colpa di chi ha finora diretto, in campo e fuori, questi signori giocatori che hanno la pancia piena.

Perchè la “differenza” l’hanno già intascata e per il resto a pretendere si comportano come impiegati statali, con il compenso fisso assicurato.

ALLENATORI

Archimede Graziani era stato crocefisso, dileggiato, preso in giro e deriso ma, in realtà, il rendimento della squadra era stato buono sotto la sua direzione e s’era visto pure un gioco apprezzabile.

Con Bucaro non c’è stata l’accelerazione attesa, la squadra rispecchia il carattere del suo allenatore (rileggere il punto 3 alla voce “valore”)

L’unico tecnico della Primavera Juventus a non fare qualificare la squadra giovanile alla fase scudetto, nella storia bianconera (finì 6° in classifica), ora rischia di non fare vincere il campionato all’Avellino.

Sarebbe un fallimento professionale per mister Bucaro in cerca di riscatto.

SCELTE

Ma sono le scelte che lasciano perplessi.

Bucaro che fa pretattica con De Vena (è come se Allegri lo facesse nella Juventus, ma dai…), fa sorridere e il giochino serve a mandarsi in confusione da solo.

Finendo con l’attuare scelte tattiche singolari, con il 4-3-3 utilizzando una seconda punta al centro (De Vena) e due esterni puri costretti a fare gli attaccanti, proseguendo così pure con l’ingresso di Sforzini, passando finalmente al 4-4-2 solo dopo avere preso gol da un avversario scadente, utilizzando Mentana che appare inadeguato in questa squadra ma gioca sempre.

DISASTRO

Squadra senza personalità, incapace di chiudere la partita. E infine ci si aggrappa a un rigore non concesso al 90′ cercando un alibi a tutti i costi per mascherare le palesi difficoltà di calciatori al tramonto e di altri in totale confusione e con una preparazione atletica poco brillante.

E poi l’allenatore che subisce i “senatori” con Sforzini e Morero che devono giocare sempre, chissà per quale legge non scritta, dimostrando che ormai sono cotti e che nemmeno tra i dilettanti riescono a fare la differenza.

Ciotola, che segnali del genere li aveva già dati, s’è infortunato,  tirandosi fuori da discorsi del genere. Il gol dell’Anagni è più colpa di Morero che del portiere e non è la prima volta che l’argentino fa cappellate del genere.

ALFAGEME

Imbarazzante il caso del calciatore argentino.

Nessuno fornisce spiegazioni ufficiali per il tesseramento bocciato ma loro, gli accompagnatori più o meno ufficiali di De Cesare, si confortavano a vicenda nel dopopartita parlando di caso unico nel suo genere, di “mancanza di casistica” al riguardo.

Frasi smozzicate sul caso Alfageme: adesso aggiustiamo tutto, “lui” ci darà una mano, “lui” parlerà con quelli dell’ufficio tesseramenti, “lui” è sempre lui e metterà tutto a posto.

Di sicuro con quell’attaccante in campo la partita di Colleferro sarebbe andata diversamente.

Ma Alfageme non c’era: colpa di una società di Dilettanti, con d.s. e segretario che vantano esperienze in campionati minori.

In ogni attività occorrono dirigenti capaci.

Per fare calcio non è necessario essere stati calciatori o avere tirato due calci a un pallone. Occorrono competenze, occorre essere professionisti.

Altrimenti è dilettantismo allo stato puro.

E questi sono i risultati.

Del resto è questo l’Avellino dei Dilettanti.

Cosa volete di più?

 

 

 

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