Il tentato omicidio della scorsa notte ad Avellino è soltanto l’ultimo degli agguati che oramai da anni si susseguono nella città. Anche stavolta solo il caso ha evitato dei morti, nonostante la vittima versi in gravi condizioni. Avellino è una città dove evidentemente è molto facile possedere armi e sparare in pieno centro tra la folla, di giorno così come di notte.
A pochissime ore di distanza dall’agguato di via Cannaviello, ieri mattina in piazza della Libertà decine di esponenti politici si sono radunati per seguire lo spoglio delle preferenze per eleggere il nuovo presidente della provincia. Nessuno fra vincitori e vinti ha trovato tempo e voglia di esprimere anche una frase di circostanza, per chiedere più controlli, esigere anche maggiore attenzione da parte dello Stato per questo territorio. Niente, tutto come se la malavita ad Avellino non esistesse. Tace il sindaco di Avellino sconfitto a queste elezioni provinciali, tace il capogruppo del Pd in consiglio comunale, resosi peraltro protagonista di scene di entusiasmo sin troppo esagerato soprattutto in tempi di pandemia. Tacciono i due consiglieri regionali Petracca e Alaia che si contendono il ruolo di proconsoli deluchiani in Irpinia. Tace inevitabilmente il nuovo presidente della provincia.
Certo, qualche parola possibilmente accompagnata dai fatti dovrebbe pronunciarla il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, che rimane il parlamentare di riferimento di questo territorio. In altri tempi chi occupava il suo ruolo avrebbe chiesto e ottenuto l’invio di investigatori esperti, meglio se giovani funzionari motivati a ottenere risultati per fare poi carriera, come è accaduto ad esempio per i questori De Stefano, De Iesu, Bracco, Ficarra. Ma questa è un’altra storia.