Multe e taglio punti patente annullati: il Comune non può privatizzare autovelox

Basta con macchinette infernali, i cosiddetti autovelox, che poco hanno a che fare con la sicurezza stradale. Apparecchiature fatte oggetto di un’assoluta privatizzazione a beneficio delle società appaltatrici per “far cassa” .

È quanto emerge dall’ordinanza 14109/21 del 24 maggio (qui sotto riportata) dalla seconda sezione civile della Cassazione che ribadisce il consolidato orientamento per cui l’assenza della taratura dello strumento cagiona l’illegittimità del verbale di accertamento dell’infrazione di eccesso di velocità (testo in calce).

Ancora più rilevante è che la taratura va effettuata da un apposito ente verificatore, in quanto non sono ammesse altre attestazioni e certificazioni equipollenti. Infine, l’atto di contestazione della sanzione è illegittimo anche nel caso in cui manchi l’intervento degli organi di polizia locale nell’espletamento dell’attività di accertamento e contestazione dell’infrazione (art. 345 Reg. Att. CdS).

Infatti, tale procedimento, avente natura pubblicistica, non può essere fatto oggetto di privatizzazione a favore delle società noleggiatrici delle apparecchiature di rilevamento della velocità.

In altre parole, non è sufficiente che l’organo di polizia intervenga solo ex post nella fase di validazione, un simile operato è illegittimo e tale illegittimità travolge anche l’atto di contestazione della sanzione.

La vicenda

Un automobilista proponeva opposizione avverso i verbali di accertamento della violazione dell’art. 142 c. 8 Codice della Strada (eccesso di velocità). Il giudice di prime cure accoglieva l’opposizione e annullava il verbale, poiché l’amministrazione non aveva dimostrato che:

  • l’apparecchiatura di rilevamento a distanza della velocità (l’autovelox) fosse gestita direttamente dagli organi di polizia (art. 345 del Regolamento al CdS),
  • l’intervento della società noleggiatrice dell’apparecchiatura si fosse limitato alla sola installazione ed impostazione dell’apparecchiatura e, comunque, con attività meramente manuali svolte sotto il diretto controllo e dietro indicazione del responsabile dell’organo di Polizia Municipale.

Il Comune interponeva appello, il gravame veniva accolto e l’opposizione dell’automobilista rigettata.

Si giunge così in Cassazione.

La normativa di riferimento

Di seguito, si ricordano le norme che vengono in rilievo nel caso di specie.

  • L’art. 45 c.6 CdS rubricato “Uniformità della segnaletica dei mezzi di regolazione e controllo ed omologazioni”, prevede che le varie apparecchiature, per la loro fabbricazione e diffusione, siano soggette all’approvazione od omologazione da parte del Ministero dei lavori pubblici, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario.
  • L’art. 142 c.8 rai limiti di velocità prevede che chiunque superi di oltre 10 km/h e di non oltre 40 km/h i limiti massimi di velocità sia soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 a euro 674.
  • L’art. 345 c. 4 del Regolamento di attuazione al Codice della strada prevede che Per l’accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale cui all’articolo 12 del codice, e devono essere nella disponibilità degli stessi.

Le doglianze dell’automobilista

L’automobilista sostiene che la sentenza gravata sia errata:

  • per violazione dei principi in materia di prova in giudizio del buon funzionamento e della taratura dell’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento della velocità;
  • per essere state violate le disposizioni che riservano ai pubblici ufficiali i servizi di polizia stradale e, in particolare, la gestione della apparecchiature per il controllo della velocità.

La Suprema Corte considera fondate le censure e ritiene illegittimo il provvedimento oggetto del ricorso.

La taratura dello strumento da parte dell’ente verificatore

Secondo gli ermellini, la sentenza gravata ha errato nel ritenere provata la taratura dello strumento di rilevazione della velocità. Il Comune, infatti, si era limitato a fornire un’attestazione da parte della società privata installatrice dell’apparecchiatura. Invece, la certificazione deve avvenire tramite un ente verificatore e non già da parte del soggetto privato installatore. Per giurisprudenza consolidata, tutti gli strumenti di misurazione ed accertamento della velocità devono essere sottoposti alla necessaria ed obbligatoria taratura, la quale non può essere dimostrata o attestata con altri mezzi, quali le certificazioni di omologazione e conformità.

Il dispositivo di misurazione deve essere sottoposto a taratura periodica stante l’irripetibilità dell’accertamento della velocità. La ratio di tale necessità è stata spiegata dalla pronuncia della Consulta con la quale viene dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 c. 6 C.d.S, nella parte in cui non prevede che «tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura».

La Corte Costituzionale, in quella sede, ricorre ad un paragone estremamente calzante per spiegare la ragione del necessario controllo dell’apparecchiatura: «una qualunque bilancia di un mercato rionale è soggetta a periodica verifica della taratura, nel mentre non lo è una complessa apparecchiatura, come quella per la verifica della velocità, che svolge un accertamento irrepetibile e fonte di gravi conseguenze per il cittadino proprietario e/o conducente di veicolo» (C. Cost. 113/2015).

Al lume di quanto sopra, la mera certificazione della società installatrice risulta insufficiente a dimostrare la taratura dello strumento. L’assenza della certificazione ha incidenza diretta sulla legittimità del verbale di accertamento dell’eccesso di velocità (Cass. 533/2018; Cass. 18354/2018; Cass. 1922/2019).

Intervento necessario della polizia in fase di accertamento

Tra il Comune e la società proprietaria dell’apparecchiatura era stato concluso un contratto di noleggio. Dal regolamento contrattuale emergeva che l’intervento della polizia locale avveniva solo in sede di validazione dei dati. Secondo la Cassazione, ciò “comporta una patente illegittimità dell’operato della P.A., che travolge la legittimità dell’atto di contestazione della sanzione”. Infatti, è sempre necessario l’intervento degli organi della polizia locale nel compimento dell’attività di accertamento e contestazione dell’infrazione al Codice della Strada, per violazione dei limiti di velocità.

Si tratta di un procedimento di carattere pubblicistico che, stante la sua rilevanza, non può essere oggetto di una privatizzazione tramite le società private noleggiatrici delle apparecchiature.

Conclusioni: il principio di diritto

La Corte di Cassazione ha accolto le doglianze dell’automobilista ritenendo illegittimo il verbale di accertamento della velocità:

  • sia per la mancata prova della taratura dello strumento (atteso che mancava la certificazione da parte dell’apposito ente);
  • sia per il mancato intervento degli organi di polizia locale nel procedimento di accertamento e contestazione dell’infrazione.

A tal proposito, gli ermellini affermano il seguente principio:

  • deve ritenersi sempre e comunque necessario l’intervento degli organi di polizia locale nell’espletamento del procedimento di accertamento e contestazione dell’infrazione al C.d.S. per violazione dei limiti di velocità, procedimento che – atteso il carattere pubblicistico e la sua rilevanza – non può essere assolutamente fatto oggetto di una assoluta privatizzazione a società private noleggiatrici delle apparecchiature di rilevazione automatica della velocità di rilevamento della velocita intervenuto fra il Comune controricorrente ed una società privata, che la polizia urbana aveva assunto “la piena disponibilità” della stessa”.

Con decisione nel merito, l’opposizione viene accolta e, conseguentemente, vengono annullati i verbali impugnati.

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