“Avere un riconoscimento cosi importante significa diversificare dando un marchio d’origine e, soprattutto, valorizzare un prodotto ed un territorio”. È quanto afferma Antonio Capone presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Avellino nell’ambito del convegno organizzato al Carcere Borbonico per il riconoscimento della “Nocciola d’Irpinia IGP”. L’incontro, promosso dal Comitato Promotore per il riconoscimento “Nocciola d’Irpinia IGP”, rappresentato dal presidente Carlo Mazza e sostenuta dall’Ordine degli Agronomi di Avellino, e dalle associazioni Cia, Confcooperative, Confagricoltura e Acliterra è stato l’occasione per presentare la documentazione il cui processo di riconoscimento ha visto il contributo Tecnico-Scientifico del Prof. Giuseppe Celano per l’Università degli Studi di Salerno e della Dott.ssa Maria Grazia Volpe per l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione Consiglio Nazionale delle Ricerche – Avellino. Presenti all’incontro il Sindaco di Avellino Gianluca Festa e i consiglieri regionali Maurizio Petracca e Vincenzo Ciampi. “Un momento importante – afferma il presidente Capone – dopo quasi quattro anni di lavoro tra incontri, coinvolgimenti dei diversi attori della filiera, si è riusciti a produrre una mole impressionante di documenti e relazioni, necessari per presentare la richiesta di riconoscimento della ‘Nocciola d’Irpinia IGP”. La documentazione è stata inviata, dal presidente del comitato promotore, alla Regione Campania- politica agricole alimentari forestali e al MIPAF – ministero politiche agricole e forestali, per avviare l’iter di richiesta autorizzativa riconoscimento marchio di qualità “Nocciola d’Irpinia IGP” ai sensi dall’art. 7 del Regolamento (UE) n.1151/2013 del Parlamento Europeo e del consiglio del consiglio del 21 novembre 2012. “Il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) – spiega il presidente Capone – è una carta d’identità che consente di tracciare meglio il prodotto e di permettere al consumatore finale di fare scelte di acquisto più consapevoli”. “Certo – aggiunge Capone – è necessario dire che questo non è un punto d’arrivo ma è solo un punto di partenza, la strada è ancora lunga e tortuosa e c’è bisogno di tutti. Noi come Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Avellino abbiamo collaborato e supportato attivamente, con tecnici specializzati nella corilicoltura, la valorizzazione del prodotto e della zona di produzione, per il raggiungimento di questo ambizioso obbiettivo”. “La zona geografica individuata – sottolinea Capone – è interna alla regione Campania ed è l’area di più antica coltivazione del mondo, si pensi che sono state rinvenute nocciole, negli scavi del tempio dedicato alla dea Mefite nel Comune di Villamaina, risalenti al VI Sec. a.C. In epoca romana -Catone, Columella, Plinio, Virgilio -narrano delle grandi superfici coltivate in tali aree della specie Corylus avellana. Un’area geografica che ha conservato la sua identità di coltivazione e dove da sempre questa pianta trova le condizioni ideali di crescita e produzione , addirittura nei boschi cresce come pianta spontanea. In tale zona non si può parlare solo di “coltura” della nocciola ma si deve parlare di “cultura” della nocciola, perché in quest’ area interna la nocciola è il DNA delle persone ,il DNA di un popolo, che in modo sapiente le alleva, le custodisce e le valorizza. Tale zona è paesaggio corilicolo, è gestione di collina con ciglioni e gradoni, è preservare i versanti, ed esplica un’importante funzione economica e sociale”. “L’area individuata – riprende Capone – è composta di 140 comuni, il 25 % della produzione Italiana, oltre il 60 % della produzione regionale, per un’economia di PV di 42 milioni di euro. Occorre insistere sulla qualità dei prodotti e nell’ottimizzazione del processo tecnico/produttivo. Bisognerà continuare con produzioni di territorio e varietà autoctone per sfuggire all’omologazione di massa. La valorizzazione dei prodotti è un punto fondamentale, con la necessità di una IGP per la nocciola irpina e la crescita della filiera produttiva nella zona di produzione”. “La rilevanza socio-economica del comparto – evidenzia Capone – il ruolo che la corilicoltura svolge nella conservazione delle risorse naturali in aree collinari e montane, all’indotto determinato dalla stessa coltivazione nel settore turistico-culturale e all’elevata sostenibilità ambientale delle produzioni ottenute, sono certamente pilastri per sostenere un processo di valorizzazione che troverebbe nella certificazione dell’Indicazione Geografica Protetta la sua naturale conclusione. Su questo punto, la storia, il territorio, la filiera corilicola, ha fatto la sua parte adesso c’è necessità di una mano anche dalle istituzioni, che devono sostenere e aiutare nel più breve tempo possibile l’iniziativa, conclude Capone.