Il sindaco De Angelis: “Sbagliato coprire gli sprechi ed i disservizi di Alto Calore”

Il primo cittadino di Chiusano San Domenico il professore Carmine De Angelis replica alla nota di Giuseppina Buscaino referente provinciale Acqua bene comune: “Nei miei volumi -ripeto alla distratta Nebbia- ho scritto che i servizi pubblici devono essere gestiti da enti che abbiano legittimità istituzionale e democratica. Ho sostenuto il bene comune acqua al Referendum del 2011 e da anni spiego come attuare la Costituzione e la salvaguardia dei beni comuni. Lo scorso 14 maggio ero a Napoli con De Magistris per discutere insieme a molti altri amministratori di partecipazione, sussidiarietà, solidarietà, utilità sociale, proprietà collettiva e funzione sociale della proprietà. Mi stupisce che la Nebbia si sia alzata proprio nel giorno in cui ho in programma la partecipazione, su invito del “Comitato Acqua Bene Comune” di San Giorgio del Sannio, all’ incontro “Acqua: assemblea per dire basta”. È davvero arrivato il momento di dire basta alle fesserie messe in giro per coprire gli enormi sprechi e disservizi che hanno caratterizzato la gestione dell’acqua da parte della Società Alto Calore. Come ho già detto, la richiesta di fallimento della società partecipata Alto Calore inoltrata dal Comune di Chiusano San Domenico è un atto dovuto. Invito la Nebbia ad avere fiducia nella Giustizia e ad attendere la sentenza. Invito, inoltre, la Nebbia a leggere e a studiare”.

“Allego, quindi, alla nota un abstract del mio intervento al Convegno internazionale Water Decade 2005-15 tenutosi due anni fa a Roma. ‘Sul diritto all’acqua come bene comune e universale’: Il diritto all’acqua viene, spesso, assimilato nel dualismo pubblico/privato, confondendo un “diritto pubblico” con il diritto all’acqua e il concetto di liberalizzazione e di privatizzazione con l’utilizzo di una risorsa limitata ma essenziale. Se da un lato come diritto collettivo il diritto all’acqua può essere rivendicato entro un determinato ordinamento giuridico e per ciò stesso tutelato come un bene legittimamente garantito ai cittadini, dall’altro è innegabile che l’acqua non è semplicemente un “diritto pubblico”: è un diritto del singolo ma ha un’estensione collettiva. È rivendicato come un “diritto sociale alla sussistenza”, alla solidarietà sociale e richiede rilevanti prestazioni e garanzie da parte delle istituzioni”.

“La definizione normativa di tale diritto “nuovo”, ma “sfuggente”, si rivela soprattutto quando si specifica il grado di precarietà di tale fonte insostituibile di vita. In quanto “bene vitale” ed universale non esplicita esclusivamente un diritto soggettivo poiché è una risorsa che, diversamente da ogni altra, non può essere oggetto di proprietà privata in quanto unica, necessaria e limitata.  Nel nostro ordinamento non vi è un esplicito richiamo al diritto all’acqua. Tuttavia la mancata espressa previsione di tale diritto nel testo costituzionale non impedisce di ricondurlo nell’alveo del diritto alla vita e del diritto alla salute. Di fronte ad un bene così limitato e vitale è necessario affidarne la sua tutela e fruizione oltre le logiche di un mercato concorrenziale, anche se ipoteticamente perfetto, poiché il dispiegarsi dell’affermazione di un diritto deve corrispondere ad un sistema di regolazione dei servizi idrici equi, solidali e non economici”.

“L’esperienza referendaria e l’ampliarsi di movimenti a tutela del diritto all’acqua universale impongono, pertanto, un quadro regolativo unitario e chiaro. Allo stato, sia le normative statali che regionali si sono dimostrate ondivaghe e, spesso, contraddittorie, segnate da oscillanti ripensamenti, ammiccamenti “privatistici” e regolamentazioni sui generis da parte degli enti territoriali, in particolare dei Comuni. In un quadro del genere, uno dei compiti che attende legislatori e interpreti è quello di ricostruire stabilmente l’assetto a difesa del diritto all’acqua. Una soluzione può essere rinvenuta nella legge n. 56/2014. Le Province sono state individuate come l’Ente che deve assicurare la gestione unitaria dei “servizi di rilevanza economica” (tra essi l’acqua) che sono esercitati da enti o agenzie operanti in ambito provinciale o sub-provinciale, che la legislazione statale e regionale dovrebbe ricondurre esplicitamente in capo ad esse. Il comma 90 dispone, infatti, che nel caso in cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti servizi di rilevanza economica prevedano l’attribuzione di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, a enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale, si applicano le seguenti disposizioni, che costituiscono principi fondamentali della materia e principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione: il DPCM ovvero le leggi statali o regionali, secondo le rispettive competenze, prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l’attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, con tempi, modalità e forme di coordinamento con regioni e comuni, da determinare nell’ambito del processo di riordino; per le regioni che approvano le leggi che riorganizzano le funzioni di cui al presente comma, prevedendo la soppressione di uno o più enti o agenzie, sono individuate misure premiali con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze”.

“In simile contesto la gestione dell’acqua sarebbe gestita da istituzioni democratiche e di democrazia rappresentativa. Solo così l’ordinamento può rispondere realmente alla finalità pubblica connessa al bene e alla salvaguardia del diritto. È doveroso ribadire che l’acqua non è un bene pubblico poiché ha natura non territoriale o statuale, riguarda le persone di altre nazioni, quindi sopranazionale, inserisce un interesse collettivo, apolide. Il diritto all’acqua è un diritto fondamentale della persona, non del cittadino. La risoluzione dell’ONU 64/292 del luglio 2010 ha sancito che il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienici è un diritto umano essenziale per la qualità della vita e l’esercizio di tutti i diritti umani, e lo stesso Consiglio per i Diritti Umani del settembre 2010 ha affermato che «il diritto fondamentale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari è associato al diritto ad un adeguato standard di vita ed è indissolubilmente legato al miglioramento della salute fisica e mentale». Tuttavia ad oggi non si è andati oltre le dichiarazioni di principio!”

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