Nove ordinanze applicative di misure cautelari personali interdittive sono state emesse dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Benevento su richiesta della locale Procura e notificate alle persone sottoposte alle indagini: quattro sospensioni dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio per mesi 12, quattro divieti temporanei di esercizio dell’attività professionale e di imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per mesi 12, un divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale e di imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese cumulativamente con il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per mesi 12- nonché un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, avente ad oggetto un importo complessivo di euro € 1.457.049.46, ritenuto essere il profitto dei reati provvisoriamente contestati.
A seguito di complessa attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Benevento e della Stazione Navale di Napoli hanno dato esecuzione a provvedimenti nei confronti di vari soggetti, alcuni dei quali pubblici ufficiali, perché gravemente indiziati dei reati, commessi in concorso tra loro, di frode nelle pubbliche forniture, omessa bonifica, truffa aggravata ai danni dello Stato, falso ideologico e realizzazione di una discarica non autorizzata, condotte poste in essere in occasione della esecuzione dei lavori previsti dalla procedura pubblica avente ad oggetto la “bonifica e messa in sicurezza permanente dell’ex discarica comunale sita nel Comune di Sant’Agata de’ Goti in località Palmentata”, finanziati per la somma sopra indicata con fondi pubblici della Regione Campania di derivazione europea.
Come riportato nell’edizione odierna de Il Mattino, “a funzionari e tecnici del comune di Sant’Agata de’ Goti ed a Emilio De Vizia (presidente Confindustria Avellino) e al padre Vincenzo De Vizia, sono stati sequestrati per equivalente di 1,4 milioni, provvedimento eseguito su un conto della De Vizia Transfer, oltre che su proprietà dell’azienda, della quale tuttavia Emilio De Vizia si dice non più amministratore. E proprio la mancanza di un rapporto con l’impresa sotto inchiesta è l’elemento su cui fanno leva i legali per richiedere la revoca del provvedimento di interdizione dagli uffici direttivi delle imprese imposto per 12 mesi a Emilio De Vizia”.
In particolare l’attività investigativa svolta -con il decisivo apporto degli accertamenti tecnici, ripetibili e irripetibili, compiuti dal C.T.- geologo nominato dalla Procura e dalle attività di sopralluogo dei funzionari dell’ ARPAC Napoli e con il contributo di personale e mezzi del Comando Provinciale dei VV.FF.- ha consentito di acquisire gravi indizi in relazione alla circostanza che le opere e gli interventi previsti dall’appalto, nonostante le attestazioni di segno contrario contenute nei verbali di visita di collaudo in corso d’opera, negli stati di avanzamento dei lavori e nel verbale di collaudo finale, non venivano eseguiti ovvero venivano eseguiti in maniera totalmente diversa da quella pattuita, al punto da vanificare irrimediabilmente le finalità prioritarie di bonifica e messa in sicurezza da soddisfare, obblighi non solamente previsti dall’appalto ma anche imposti allo Stato Italiano –e conseguentemente ai soggetti aggiudicatari dei lavori- da procedure di infrazione dell’Unione Europea tra cui la sentenza di condanna della Corte di Giustizia UE del 2.12.2014.
Secondo quanto riportato dal comunicato emesso dalla Procura della Repubblica di Benevento, in particolare, allo stato, deve ritenersi che gli indagati:
-non eseguivano la completa rimozione, e quindi la bonifica, di tutti i rifiuti interrati nella zona B (così come identificata nel progetto esecutivo), area limitrofa al fiume Isclero, con conseguente e perdurante presenza sul suolo di valori relativi agli idrocarburi pesanti fuori norma e tali da imporre la necessità di una nuova procedura di bonifica. La acclarata presenza di rifiuti, accertata sia grazie ad operazioni di carotaggio che a scavi con trincea, ha permesso la contestazione del delitto di omessa bonifica di cui all’art. 452terdecies c.p., ancora in corso;
-realizzavano una nuova discarica abusiva all’interno della discarica da mettere in sicurezza: infatti, nella zona A (così come identificata nel progetto esecutivo) veniva sversata illecitamente, e poi coperta sotto il capping, una quantità di rifiuti speciali non pericolosi non inferiore a mc 3.900 (pari a circa 5.850 tonnellate, con ottenimento di altri illeciti profitti), materiale per natura, tipologia e caratteristiche organiche proveniente da località ignota e comunque esterna al sito.
Alla realizzazione di tali illeciti, commessi materialmente dalle figure apicali e tecniche dell’impresa esecutrice dei lavori, contribuivano -agevolandone la realizzazione- anche i pubblici ufficiali che avrebbero dovuto controllare l’andamento delle opere, sia mediante omissione delle doverose verifiche da effettuare che attestando, nei vari atti pubblici redatti durante l’esecuzione dei lavori (verbali di collaudo in corso d’opera, stato di avanzamento dei lavori, visita finale di collaudo, certificato finale di collaudo), la rispondenza delle opere realizzate con tutte quelle previste da progetto, mentre in realtà gli interventi da realizzare non venivano eseguiti o venivano eseguiti in maniera totalmente diversa ovvero inesatta al punto di incidere sugli obiettivi di bonifica e messa in sicurezza da soddisfare ed in generale sulla complessiva prestazione oggetto del contratto. In tale maniera la Regione Campania veniva indotta in errore in ordine all’esattezza dell’esecuzione dei lavori effettuati rispetto a quelli previsti da progetto e in ordine al raggiungimento degli obiettivi di bonifica e messa in sicurezza del sito, e la società esecutrice dei lavori si procurava l’indebito profitto di complessivi euro 1.457.049,46, pari all’importo totale delle tranches di finanziamento ingiustamente erogate dall’ente regionale.
Nel caso di specie i reati, per i quali sono stati ritenuti i gravi indizi, hanno pregiudicato e svilito le finalità ambientali che il progetto esecutivo intendeva realizzare, e comporteranno nuove spese per la rimozione dei rifiuti non rimossi e per quelli sversati illecitamente.
I professionisti ed imprenditori destinatari delle misure interdittive sono il legale rappresentante pro tempore-amministratore delegato, il procuratore, il direttore tecnico e un assistente di cantiere della società esecutrice delle opere, nonché i pubblici ufficiali -alcuni dei quali in servizio presso Enti locali della Provincia di Benevento, tra cui lo stesso Comune di Sant’Agata de’ Goti- aventi il ruolo di direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza, di R.U.P., i direttori operativi nonché il collaudatore statico e tecnico-amministrativo.
I fatti delittuosi, accertati tra il 2018 ed il 2020, sono collegati all’annosa problematica delle bonifiche di siti storici inquinati, per i quali si è reso necessario l’intervento normativo ed economico dell’Unione Europea con ingenti fondi stanziati ad hoc.
L’attenzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento sulla corretta esecuzione di appalti pubblici, oggetto di importanti finanziamenti, riguardanti i lavori di bonifica e messa in sicurezza delle numerose ex discariche comunali presenti nel circondario è massima, in quanto tale corretta esecuzione coinvolge in maniera inscindibile la tutela dell’ambiente e del patrimonio dello Stato.