di Dino Manganiello
Alla fine Ciancio resta a casa come Scognamiglio e D’Angelo mentre Maniero e Carriero partiranno dalla panchina perché non al meglio delle condizioni. Ed allora in un Renzo Barbera che sarà ribollente di entusiasmo anche perché si sono toccate in questi giorni di vigilia le corde dell’orgoglio siculo andando a pescare la delusione per l’esclusione dagli ultimi playoff proprio per mano dai biancoverdi, sarà di nuovo 3-4-3 da combattimento al fischio d’inizio. Il tutto con l’obiettivo-continuità: dopo 4 gare utili con 8 punti conquistati, in casa Avellino l’invito è badare al sodo, senza caricare troppo il match ma consapevoli che pur giocando contro una signora squadra (quarta del girone per investimenti) e in uno stadio dove il Palermo non perde da otto mesi ed ha preso solo un gol in questa stagione in campionato, l’idea del colpaccio deve essere non un assillo ma un traguardo da provare a centrare. Significherebbe dare un segnale alle antagoniste, significherebbe agganciare i rosanero, sistemarsi a un punto dal Catanzaro e non perdere contatto dal super Bari vittorioso ieri nel big match contro i calabresi al San Nicola (2-1).
Concreti e con la voglia di provarci, quindi. Solidi ma propositivi appena si può. Con il consueto terzetto dietro (Silvestri-Dossena-Bove), con Rizzo e Tito sugli esterni in mediana, con Aloi e De Francesco in mezzo alla tonnara e col tridente là davanti dove rispetto alla gara con la Paganese (a proposito, per i fatti del dopo partita in arrivo una cinquantina di daspo…) Kanoute dovrebbe partire tirolare al posto di Micovschi a destra mentre per Plescia e Di Gaudio c’è la meritata conferma. Non sarà la gara della possibile svolta, come dice Braglia, ma dalla battaglia del Barbera usciranno fuori molte cose. E tante altre si capiranno al triplice fischio.