Il canturino Sacripanti e la Sidigas, avversaria di Cantù domenica: storia di un amore ormai sbocciato. Il resoconto apparso oggi su “La Provincia” di Como e che qui di seguito riportiamo, spiega in modo esatto come sia cresciuto il rapporto tra “Pino” e l’ambiente irpino.
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Se arrivate ad Avellino e chiedete di Pino Sacripanti non dovete domandare del coach della Scandone, ma del “mister”.
E questo la dice lunga su quanto in Irpinia conti il calcio nelle passioni sportive della gente. Ma questo particolare non deve comunque trarre in inganno: il calore per i Lupi del basket c’è, eccome. Dai 1500 tifosi del Pala Del Mauro delle prime partite dell’anno scorso si è passati ai 3500 di un anno dopo, con pienoni da oltre 5mila spettatori durante i playoff contro Reggio Emilia.
Ma anche l’affetto della gente per quell’allenatore venuto da Cantù, che per quattro anni avevano visto sulla panchina dei non amati “cugini” di Caserta, ha avuto bisogno del suo tempo per sbocciare.
La diffidenza iniziale non era però tanto dettata dal passato casertano di Pino, quanto dal Dna stesso degli irpini, un po’ lupi nell’animo: gente di montagna difficile da conquistare (in questo molto differente dai napoletani e dai casertani), ma che poi è disposta a darti il cuore se vede che lotti per i colori bianco verdi. E così è stato.
Ad Avellino lo chiamano lo spirito del Lupo e Pino ci si è calato anima e corpo: tanto lavoro in palestra, con la squadra e molto disponibile verso il suo pubblico. I giocatori portati nelle scuole, la Scandone tra i suoi tifosi piccoli e grandi: un’attenzione che da tempo da quelle parti non si vedeva.