Cannabis legale: tutto sulla Legge 242/2016

Quando si parla di cannabis legale non terapeutica in Italia, il primo riferimento che viene in mente è quello della Legge 242/2016. Si nomina spesso questo testo normativo. Non sempre, però, lo si fa con la giusta consapevolezza in merito ai suoi dettagli. Se vuoi sapere qualcosa di più in merito, nelle prossime righe puoi trovare alcune preziose informazioni.

Canapa light: le finalità della legge

La Legge 242/2016, entrata in vigore il 14 gennaio dell’anno successivo, è un testo normativo che si configura, nonostante le numerose migliorie necessarie, come una vera e propria rivoluzione per il nostro Paese. Grazie ad esso, infatti, in Italia si è smesso di parlare di cannabis considerando come unici riferimenti l’ambito terapeutico e l’illegalità.

Quali sono le finalità della legge sulla marijuana legale con basso contenuto di THC? Come si può leggere in uno dei passaggi dell’articolo 1, il testo normativo è stato redatto con lo scopo di sostenere e promuovere la filiera della canapa sativa. Nello specifico, si sottolineano le peculiarità sostenibili della pianta, fondamentale per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura, ma anche per contenere il consumo di suolo, una problematica di portata non indifferente in Occidente.

Il contenuto di THC

Un nodo fondamentale della Legge 242/2016 riguarda il contenuto di THC della cannabis sativa. I coltivatori sono tenuti a mantenere la percentuale di principio attivo psicoattivo entro lo 0,2. Dal momento che mantenere questa soglia è tutto tranne che facile, non vengono comminate sanzioni nell’eventualità in cui, a seguito di un controllo, dovesse emergere una percentuale di THC superiore. Il limite specifico è pari allo 0,6%.

Facciamo presente che, pur in assenza di responsabilità a carico del coltivatore, l’autorità giudiziaria può predisporre, in caso di rinvenimento di una quantità di THC superiore allo 0,2%, il sequestro o la distruzione delle coltivazioni.

Cosa sapere sui semi

Un altro aspetto da sottolineare quando si parla della Legge 242/2016 e delle sue implicazioni pratiche riguarda i semi. Secondo il testo normativo a cui stiamo dedicando queste righe, il coltivatore è tenuto a conservare per non meno di 12 mesi i cartellini attestante l’iscrizione dei semi che utilizza per il proprio lavoro al Registro Europeo delle Sementi.

Il coltivatore è altresì obbligato alla conservazione delle fatture di acquisto dei sopra citati semi.

Chi deve effettuare i controlli?

La legge sulla cannabis light mette in primo piano diversi interrogativi. Uno dei più rilevanti riguarda l’identificazione di chi ha il compito di effettuare i controlli. La risposta a questa domanda arriva dall’articolo 4 del testo normativo, dove si specifica che l’onere dei controlli spetta ai membri del Corpo Forestale dello Stato, che hanno anche la possibilità di gestire prelevamenti ai fini di analisi di laboratorio.

Le criticità

La Legge 242/2016, che come già accennato ha rappresentato una piccola rivoluzione in Italia, non manca di criticità. La principale riguarda l’assenza totale e assoluta di riferimenti al consumo umano. Negli ultimi anni, la filiera, a dir poco prosperosa per essere giovane, ha vissuto, al fianco del successo, non pochi momenti critici. Tra questi è da ricordare il decreto firmato Roberto Speranza che prevedeva l’inclusione del CBD, notoriamente privo di effetti psicotropi, nel novero delle sostanze stupefacenti (è stato ritirato tra la fine di ottobre e l’inizio del mese di novembre 2020).

La filiera, che dà lavoro a più di 10mila persone nel nostro Paese, ha rischiato grosso in quei giorni. Oggi come oggi, a distanza di un anno, le preoccupazioni non sono cessate. Soprattutto a causa del testo della legge considerato poco chiaro, non mancano le accuse di spaccio per chi commercia cannabis a basso contenuto di THC.

La speranza è che si arrivi, in tempi brevi, a fornire riferimenti più solidi a chi lavora e investe in un settore che, ormai, ha un peso specifico considerevole nell’ambito del PIL italiano.

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